Incontro con A. Baricco : MilanoBookCity2016

Triennale di Milano.
Dopo mille viali, Google Maps che si impalla, via Giacomo Leopardi e qualche fottuto piccione invadente ci sono.
Edificio grande, imponente, grigio e tuttavia bellissimo, nel suo genere.
Sarà che sto per entrare nello stesso luogo in cui si trova lui, e allora si riempie di magia.
Già me lo vedo, lui dico, ecco, giù me lo vedo che si prepara alla conferenza, la bottiglietta d’acqua in mano, i capelli più corti brizzolati, memori di antichi ricci.
Triennale di Milano, quindi.

Entro, e c’è questo grumo di gente che va da tutte le parti. Conferenza di Erri de Luca, di là. Concerto pianoforte, là.
E allora tra mappe, indicazioni e deviazioni trovo la fila per lui.
“Farà bene a mettersi in coda, signorina. E’ là, per il Salone d’Onore. E’ là, vede? Manca un’ora ancora, ma sa, Baricco è Baricco.”
E lo so, Baricco è Baricco.
E per Baricco si scende ai compromessi, accettando di tornare dalla Grecia tardi e, anziché tornare a casa, prendere un pullman, e poi due, tre, quattro metro nel cuore della notte, e poi di mattina camminare per Milano per arrivare a:
Triennale di Milano.
Compromessi, così.

E così me ne sto ammassata tra la calca, e non è male, dopotutto.
E’ qualcosa da qui ti senti un estraneo, ma più a casa che mai, in fondo.
Una signora che sorride e “Così giovane e ti piace così tanto leggere.”
Un altro che mi chiede se ho mai visto i film tratti dai suoi libri.
E io sorrido, e porto la timidezza al compromesso. Perché si sa, Baricco è Baricco.

 

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Non è tanto banale come frase, comunque.
Non è banale quando sei solo una ragazzina di 14 anni, che ha paura, e inizia sto mestiere gramo del vivere, ma un vivere diverso, che non è più il mangiare, il dormire, ma è l’estensione celebrale verso la conca di pensieri mai prima d’ora visti o immaginati, o perché no, pensati, ecco.
Pensieri così.. così, che ti chiedi: e la gente prima, prima di me, come li ha attraversati? Come ne è uscita? E’ ancora viva, ma come fa, con tutti ‘sti pensieri che sfondano il cranio? E l’amore, poi, l’amore, come fai a uscirne quando è la prima volta che ti si presenta d’innanzi, e ti inchioda al muro, quando cadrà quel chiodo, e inspiegabilmente, perché?
Come fai ad uscirne viva quando sei solo una ragazzina, che tra l’altro pensa troppo e conclude poco, scrive troppo, parla poco?
Avrei potuto passare i giorni nelle più complete sfumature adolescenziali, l’angoscia, la paura, la malinconia, la solitudine.
Così è stato, forse.
Quando la sensibilità e la giovinezza convergono non c’è nulla da fare. Il dolore ti inchioda.
Ma c’è stato Baricco. E allora m’ha inchiodata con dolcezza.
Ecco, oggi vorrei poterglielo dire.
Che la vita è un mestiere gramo, soprattutto quando sei giovane, e il dolore ti sorprende, ed è lo stupore che ti frega. Ma che è qualcosa di dolce, se c’è un qualcuno che ha avuto per noi l’attenzione di mettere una piccola musica, nella nostra botte mefitica delle nostre paure. O se capita di avere un amico ad aspettarci in un’ansa del fiume per riportarci a casa, in una qualche casa.
Se c’è un libro che ti salva, meraviglia di inchiostro.
E un qualcuno, che nemmeno conosci, che decide di fare lo scrittore, e allora si arma con lance di inchiostro e scudi cartacei.
Un amico, in fondo, che affronta con te ogni stellata battaglia che diverrebbe altrimenti troppo sanguinea.
Perché è questo che fanno gli scrittori.
Salvano. Combattono. Inconsapevoli piccoli eroi.
Ecco, magari glielo dico che voglio fare la scrittrice.
Per salvare.
Salvarmi.

 

La cosa che mi piace è che Baricco entra così. Sto giusto guardando il soffitto, abbasso gli occhi, e lo vedo.
Lo sguardo basso-scrittore-, la camminata strascicata-scrittore-, perso-scrittore-.
Niente acclamazioni o annunciazioni di ingresso, niente effetto scena.
Quest’uomo che è scrittore, lo vedi, perso, artista, che entra e si siede.
E snocciola risposte su risposte, ma è perso. Fa battute e si ride sempre, quando interviene. Ma è un combattente che lo vedi che c’ha sta cosa.
La paura. Sta paura di andare a fondo con te. Però ci viene comunque, ed è bellissimo. Bellezza malinconica, la più bella.
Presenta l’ultima edizione di Seta, illustrata.
“L’idea mi è stata presentata da ‘sti ragazzi.. Molto giovani, molto pazzi. Ma pazzi.. In un bel modo, molto composto. E’ una lezione per tutti i giovani che sono qua. Avevano un sogno, molto determinati, e se lo sono preso.” Le prime parole. Quella voce, bellissima. Scrittore.

 

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E così. Snocciola parole, ma non barocche, studiate, ampollose. Poche, ma mirate, semplici, belle, dritte al punto. Possiamo dire anche punto G, diciamocelo, perché da’ orgasmi mentali ogni volta che parla che, madonna…
E io lo guardo. Non gli stacco gli occhi un attimo di dosso.
Voglio studiarlo, il mio combattente compagno, questo animale da libro, studiarmelo e vedere per qualche istante come vive, e come sono i suoi gesti, le sue maestose movenze, e anche nel banale, nel tossire, nel prendere una mentina da una tasca (sinistra, jeans grigi, pullover nero e maglietta bianca) ha una delicatezza e una frustrazione che io ce la vedo, ce la vedo ogni volta su quelle pagina, che macchia a piacimento. Eppure belle.
E poi mi guarda. Sarà un attimo.
Occhi da lupo mansueto, di bosco.
Mi guarda e sembra studiarmi.
E volermi dire “anche tu sei oceano mare”.

 

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Mi guarda anche dopo, lo sguardo un po’ più stanco.
Mi guarda quando alla firmacopie gli poso sul tavolo tutti i suoi libri che ho.
E sono tanti. Davvero,
Tanti.
Glieli poso tremando. O per meglio dire, tremo da quando ho iniziato la coda.
E adesso me lo trovo davanti, seduto, stanco, perché da lupo mansueto non gli piacciono queste cerimonie, e già lo vedo.
A lui interessa scrivere. Buon scrittore.
Per tutta la vita non farebbe altro che quello, ogni giorni, un gesto immutabile.
E dolcissimo, nel suo genere.
Glieli poso davanti tremando, e lui li guarda. Prende il primo, lo apre, e poi inizia a fissarmi.
Chiunque avrebbe capito che quello che attendeva era il nome per firmare, ma la mia stupidità ha prevalso.
Ho guardato quegli occhi tra lo stanco, il perplesso e il divertito posati su di me, occhi bosco, occhi di seta che ti scivolano addosso e restano.
Passa qualche secondo, e poi “Arianna”.
E mi chiede per ogni libro:
“E’ sempre per Arianna?”
E solo dopo aver firmato tutto si stende sulla scrivania, esausto.
Impara a scrivere peggio, Baricco, e forse mi autograferai meno libri.
Gli chiedo una foto, solito procedimento che lui odia, sorride stanco, io sono su di giri e gli poggio un braccio sulla spalla, e poi gli dico grazie.
Mi guarda, ancora, come destatosi da un sogno.
“Grazie.”
Sorriso.
“Di.. di tutto.”

 

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Me ne vado, ma prima mi giro un’ultima volta. Resto lì.
1,2,3, mi guarda, un attimo ancora.
E per un attimo
solo uno
sono Oceano mare.

 

Arianna Mariolini

 

Arianna Mariolini

Mi chiamo Arianna Mariolini (Ary). Sono nata il 6 gennaio 1998 a Clusone, in provicia di Bergamo, ma attualmente risiedo a Pisogne, un bellissimo borgo bresciano. Dal settembre del 2012 frequento il Liceo classico Decio Celeri di Lovere. Le mie principali passioni sono la letteratura e la musica...