Le ninfee di Monet

Nacque esattamente 176 anni fa l’uomo delle ninfee.
Nacque, e divenne artista.
E come quei fiori che amava tanto dipingere, la sua pittura fu sempre leggera, libera, fluttuante. Spontanea, senza schemi.
Che impressionava, in un certo senso.
Impressionista.


Nacque esattamente 176 anni fa, Claude Monet.

Le ninfee di Monet non sono propriamente un quadro, bensì un insieme di otto grandi decorazioni murali che, se accostate, darebbero l’impressionante risultato di un monstrum alto due metri e largo 90. Vi lavorò per un numero imprecisato di anni, fino a pochi giorni prima della sua morte, il 5 dicembre del 1926.
Ed è sconcertante la paradossale scelta del soggetto: per 90 metri, non altro, se non Nymphèeas. Qualche albero, di sfuggita, un po’ di cielo, forse, ma sostanzialmente: acqua e ninfee. E tuttavia proprio in quest’assurda mossa inizia la loro genialità. E’ così evidente l’intento di Monet. Perché quello che voleva fare era, essenzialmente, dipingere il niente.

 

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Dovette essere per lui una così grande ossessione, dipingere il niente, che riletti a posteriori tutti i suoi ultimi anni di vita ne sembrano posseduti. Anzi, fin dal 1893, novembre, in cui acquistò un ampio terreno e concepì l’idea di costruirvi un bacino per fiori acquatici. Uno stagno pieno di ninfee. Cosa che potrebbe essere banalmente ridotta ad hobby esistenziale, ma che invece no. E’ la consapevole, strategica, prima mossa di un uomo che sapeva benissimo dove voleva arrivare. Per dipingere il niente, avrebbe dovuto trovare il niente. O meglio, avrebbe dovuto trovare il nulla, in un processo di decadimento del reale.

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Avrebbe dovuto produrlo.
Secondo le cronache in questi anni passò molto più tempo nel proprio giardino che coi colori. E le cronache sbagliano, scindendo un processo che era in realtà unico, e finalizzato, appunto, al nulla. Al fare le Nymphèas. Coltivarle o dipingere era la stessa cosa. Avrebbe solo dovuto aspettare.
Aspettare che le ninfee da cui traeva meraviglia ogni mattina svegliandosi con la loro visuale sarebbero divenute nulla. Nulla è più insignificante di qualcosa, quando ti ci svegli ogni mattina accanto. O davanti. Si può dire che a ogni sguardo su quello stagno Monet si avvicinasse passo passo all’indifferenza assoluta, bruciando stupore e rimasugli di bellezza, meraviglia.

 

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E così un giorno si svegliò, usci dal letto, andò davanti a quello che aveva prodotto, le sue ninfee, e quel che vide fu: nulla. E allora iniziò a dipingerlo. Ma nel suo studio. Gli fu chiaro subito che, dopo aver faticato anni a produrre quelle ninfee-nulla, le avrebbe dipinte al chiuso, e ciò confinato in un luogo in cui non poteva vederle. Poteva solo ricordarle. E la scelta della memoria fu geniale, questo il genio. Giacchè la memoria frenava le ninfee a un passo dall’essere insignificanti e le intiepidiva con la dolcezza del ricordo, quel tanto che bastava a fermarle prime del baratro dell’inesistenza. Erano un nulla, ma erano.
E poteva dipingerle.

 

Arianna Mariolini

 

Arianna Mariolini

Mi chiamo Arianna Mariolini (Ary). Sono nata il 6 gennaio 1998 a Clusone, in provicia di Bergamo, ma attualmente risiedo a Pisogne, un bellissimo borgo bresciano. Dal settembre del 2012 frequento il Liceo classico Decio Celeri di Lovere. Le mie principali passioni sono la letteratura e la musica...