Guccini : Il vecchio e il bambino : tra racconto e riflessione

A cura di Marco Cingottini

C’è stato un gran parlare negli ultimi tempi, in relazione al Nobel assegnato all’artista americano Bob Dylan, soprattutto sull’opportunità di attribuire un premio, di questo tipo, ad un cantautore. Ma secondo me c’è molto più di un brano dietro alle composizioni di questi artisti, e ve lo voglio dimostrare, andando ad analizzare uno dei pezzi più famosi e rappresentativi di uno dei nostri cosiddetti cantautori: la persona in questione si chiama Francesco Guccini, la composizione “Il vecchio e il bambino” tratta da il suo lavoro forse più celebre “Radici” pubblicato nel 1972

http://www.vinileshop.it/vinili/musica-italiana/890-francesco-guccini/3367-radici-lp-vinile-ristampa-1972.html


Prima di andare ad esaminare il testo, di questa che per me è una poesia magnifica, giova avvertire che negli anni ottanta fu pubblicato nei libri di antologia delle scuole medie superiori; lo so con sicurezza perché lo vidi con i miei occhi, e ne discutemmo al tempo proprio con i miei amici, questo per dimostrare il valore letterario di queste composizioni.

Ma andiamo al testo, e iniziamo ad analizzare le parole:

Un vecchio e un bambino si preser per mano e andarono insieme incontro alla sera

In questo primo verso, sembra di vedere una scena normalissima, un vecchio, un nonno presumibilmente, che porta a spasso il nipotino. Quante volte abbiamo assistito a questa scena? Tantissime volte, facendoci anche sorridere per il piacere di vederli. Ma questa volta la scena è differente, e già il secondo verso ci fa capire che qualcosa non quadra:

La polvere rossa si alzava lontano e il sole brillava di luce non vera

Non è un paesaggio naturale, e il sospetto che la realtà sia diversa, da quello che all’inizio potevamo pensare, diventa certezza nei versi successivi:

L’immensa pianura sembrava arrivare fin dove l’occhio dell’uomo poteva guardare e tutto d’intorno non c’era nessuno solo il tetro contorno di torri di fumo

La scena è cupa, Guccini spiegò che era l’aspetto della Terra dopo una catastrofe nucleare, e quindi il panorama appariva quasi lunare, l’impressione di un cielo cupo è molto forte ed è molto inquietante. Qui adesso l’autore sposta l’attenzione sui due personaggi:

I due camminavano, il giorno cadeva, il vecchio parlava e piano piangeva: con l’anima assente, con gli occhi bagnati seguiva il ricordo di miti passati

Notare come l’artista descriva in maniera toccante lo stato d’animo del vecchio: il vecchio parlava e piano piangeva, c’è in questa immagine tutto il pudore della persona anziana che, ripensando a quello che era il suo mondo quando era giovane, chi ha parenti o genitori anziani sa che spesso tendono a raccontare come era la vita ai loro tempi, si commuove cercando però di non spaventare il bambino.

https://www.estateinfinita.it/un-altro-giorno-e-andato-francesco-guccini/

Nei versi successivi offre un ritratto affettuoso degli anziani:

I vecchi subiscon le ingiurie degli anni, non sanno distinguere il vero dai sogni, i vecchi non sanno nel loro pensiero, distinguer nei sogni il falso dal vero

E poi il vecchio inizia a parlare, e osservate mentre leggete i prossimi versi come una luce immensa illumina la scena, facendoci dimenticare improvvisamente del tetro paesaggio prima descritto:

E il vecchio diceva guardando lontano:

“Immagina questo coperto di grano, immagina i frutti e immagina i fiori e pensa alle voci e pensa ai colori e in questa pianura, fin dove si perde, crescevano gli alberi e tutto era verde, cadeva la pioggia, segnavano i soli il ritmo dell’uomo e delle stagioni”

Si ha l’impressione che la luce del sole irrompa senza preavviso inondandoci gli occhi; e la scena si riempie di voci, suoni, colori meravigliosi. E’ incredibile come tutto quello che era triste e cupo improvvisamente diventa paradisiaco, sembra quasi di sentire anche un crescendo sinfonico con una musica trionfante che corona il tutto: si rimane letteralmente senza fiato.

http://www.cazzari.it/Guccini.htm

Ma così come è arrivata, la luce accecante si spegne e si torna alla dura realtà. Guccini qui sposta l’immagine sul bambino:

Il bimbo ristette, lo sguardo era triste e gli occhi guardavano cose mai viste, e poi disse al vecchio con voce sognante: “Mi piaccion le fiabe raccontane altre”

La descrizione del bambino è straordinaria, ed è, secondo me, il vero capolavoro del brano. L’espressione triste, mentre immagina quello che il vecchio gli ha raccontato, è toccante, ed è a quel punto che scatta quell’ultimo verso che, fin dalla prima volta che l’ho ascoltata mi ha fatto venire un groppo alla gola: chiede al vecchio “con voce sognante che gli racconti altre fiabe, perché è quello che rappresenta per lui la storia che ha appena ascoltato, una splendida favola come Pinocchio o Biancaneve!

Io credo che pochi, o nessuno, come Francesco Guccini abbia saputo raccontare, con tale poesia, ciò che può diventare il nostro pianeta dopo una disastro nucleare. Lui ci è riuscito attraverso un semplice dialogo tra un vecchio e un bambino.

https://www.youtube.com/watch?v=32RC_Gghksc

 

Roberto Testa

Sono Roberto, un giovane di 20 anni. Studio Storia presso l’Università degli Studi di Torino e Contrabbasso Jazz presso il Conservatorio "G. Verdi" di Torino. La storia è molto probabilmente la passione più grande della mia vita, insieme alla musica, alla filosofia e alla politica..