Il Vinile: Storia, caduta e rinascita

A cura di Marco Cingottini

Sfilo il disco dalla busta di copertina, lo posiziono sul piatto, alzo il braccetto con la puntina, o testina che dir si voglia, lo avvicino all’inizio del disco – ecco comincia a girare – lo faccio calare proprio dove iniziano i primi solchi, e inizia la magia: arriva la musica.

Questi sono stati per tanti anni, decenni addirittura, i movimenti che dovevamo compiere per poter mettere in funzione il “disco”. Sto parlando del celeberrimo vinile, che ha rappresentato la forma migliore per poter ascoltare, con piacere, la nostra musica preferita.

Questo oggetto fu introdotto nel 1948 e andava a sostituire un supporto simile: il 78 giri. Bisogna iniziare a spiegare cosa si intende quando si parla di “giri”: con questi si indicavano quante rotazioni, appunto giri, il disco compiva in un minuto. Le nuove tecnologie in quegli anni permettevano di produrre dei dischi, in gommalacca, che nel formato grande conosciuto come Long Playing o LP compivano 33 giri e 1/3, per essere esatti, e potevano contenere musica fino a 30 minuti per parte, aumentando sensibilmente il materiale da poter inserire.

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Insieme a questo formato, fu introdotto anche il 45 giri, più piccolo di dimensioni, che conteneva un brano per parte (in epoca successiva sarà ribattezzato “singolo”), e che conoscerà un boom incredibile durante gli anni ’60. Questo formato serviva spesso e volentieri per lanciare il brano trainante del più vasto 33 giri, anche se soprattutto in quegli anni si puntava più su di esso. Le band e i cantanti, tranne qualche eccezione, solo dal 1966 in poi diedero importanza al formato più grande: sono di quel periodo album straordinari come “Revolver” dei Beatles o “Pet sounds” dei Beach Boys, solo per citarne due.

Bisogna dire che la cosa che aveva spinto così in alto la vendita dei singoli era la possibilità di ascoltarli anche in supporti come il celebre “Mangiadischi”, che aveva la dimensione di una piccola valigetta e, tramite una fessura sul davanti, “ingoiava” letteralmente il disco. All’interno il singolo partiva, e si potevano ascoltare i brani attraverso un piccolo speaker mono. La comodità consisteva nel fatto che si trasportavano ovunque, anche in spiaggia, avendo un’alimentazione a batteria. La cosa curiosa era che i ragazzi portavano sotto il sole cocente questi piccoli dischi che, essendo in gommalacca, si deformavano irrimediabilmente e il 45 giri finiva mesto nella spazzatura. Bisogna dire che i prezzi dei 45 giri erano alla portata di tutti (circa 600/650 lire), per cui non ci si disperava poi troppo.

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Proprio lo spostamento verso il formato LP, contenente un numero di brani consistenti, cominciò a far cambiare le abitudini degli appassionati di musica: il fatto di poter ascoltare anche 10/12 brani del proprio artista preferito, in alcuni casi anche collegati tra loro, e addirittura, talvolta, di una lunghezza che superava i 10 minuti, aveva fatto alzare il livello delle proposte sonore; in più, la dimensione delle copertine, permetteva la possibilità di lavori artistici; penso alla copertina di Sgt.Pepper dei Beatles, dando anche un valore visivo al tutto.

Artisti come Roger Dean o Storm Thogerson (con la sua Hipgnosis), impreziosiranno durante gli anni ’70 gli album di band come Yes, Pink Floyd e Led Zeppelin, e ancora oggi chi li possiede li conserva gelosamente.

Quali erano, però, i difetti che si potevano trovare in questi supporti fonografici? Generalmente, il disco, dopo una serie di ascolti, iniziava ad usurarsi perché la puntina, che girava a spirale verso il centro del disco, tendeva a rovinare i solchi: il risultato era che si ascoltavano fruscii di sottofondo, o anche purtroppo righe fastidiose che disturbavano l’ascolto, e facevano perdere pulizia al tutto.

Bisogna dire, però, che i progressi tecnologici avevano, anno dopo anno, migliorato la resa dei vinili, con un guadagno notevole per la qualità del suono: basta ascoltare lavori straordinari come, ad esempio, “The dark side of the moon” per rendersi conto di come, in confronto ai lavori prodotti negli anni ’60, si erano fatti passi da gigante.

ROGER DEAN

L’epopea di questo tipo di supporto fonografico subì intorno alla metà degli anni ’80 un colpo durissimo: la Philips, una della maggiori aziende al mondo di materiale elettronico, brevetta il Compact Disc, un prodotto rivoluzionario che permette ad un raggio laser di “leggere” il disco, di dimensioni molto ridotte in confronto al Long Playing e di materiale adatto alle incisioni in digitale, garantendo la sempiterna pulizia del suono, evitando usure al prodotto.

Le maggiori case discografiche, annusando l’affare, decidono di adottare questo nuovo supporto fonografico e, nel giro di pochi anni, cominciano a chiudere le fabbriche che producevano i vinili, mandando in soffitta questo prodotto che aveva fatto letteralmente la storia della musica.

Ma sotto la cenere è sempre accesa la brace, così come nessun vulcano è completamente spento, e piano piano il Long Playing, che i vecchi appassionati non avevano mai abbandonato, ricomincia a prendere vita: chi amava il suono caldo del vinile non aveva mai amato quello del CD, ritenuto troppo freddo a causa delle registrazioni in digitale che tendono ad attenuare le note basse, e quindi non aveva smesso di ascoltarli. Il problema era proprio che le fabbriche erano rimaste talmente poche, che produrre LP era diventata una spesa elevata per le case discografiche, le quali ad un certo punto decidono di chiudere completamente la loro produzione.

Ma, nel nuovo millennio, le nuove generazioni, spinte da quelle dei propri genitori, si avvicinano e rimangono affascinati dai prodotti in vinile: non solo il suono, ma proprio l’oggetto li attira in maniera particolare, grazie anche alla grafica delle copertine dei Long Playing che erano rimaste penalizzate dal nuovo piccolo formato. Ed ecco che si aprono in tutto il mondo mercatini di vinili usati: fiere importanti, come quella di Utrecht in Olanda che si tiene due volte l’anno, attirano migliaia di appassionati, con valutazioni dei vinili prodotti tra gli anni ’60 e ’70 che vanno dalle 100 ad oltre 3000 euro. Gli stessi artisti decidono di tornare a pubblicare anche in questa versione i loro lavori, riscuotendo un lusinghiero successo.

http://www.italianradio.eu/la-fiera-del-vinile-piu-grande-al-mondo/

Insomma, il vinile ha dimostrato di avere mille vite! Anche io sono rimasto folgorato sulla via di Damasco: lo scorso anno, vedendo una fonovaligia moderna, l’impianto con cui da bambino negli anni 60 ascoltavo i miei 45 giri, mi è tornata la voglia di riassaporare il gusto di avere tra le mani un LP, godermi la copertina, togliere il disco dalla busta….ma questo già lo sapete, ve l’ho raccontato all’inizio di questo storia.

Buon ascolto a tutti!

 

 

Roberto Testa

Sono Roberto, un giovane di 20 anni. Studio Storia presso l’Università degli Studi di Torino e Contrabbasso Jazz presso il Conservatorio "G. Verdi" di Torino. La storia è molto probabilmente la passione più grande della mia vita, insieme alla musica, alla filosofia e alla politica..