Esiste davvero la libertà?

 

Spesso sentiamo parlare di libertà; ma sappiamo davvero cos’è la libertà?

Prendiamo ad esempio il caso, quasi paradossale, di un processo, dove l’imputato è accusato di aver ucciso il padre, nessuno può dubitare della sua colpevolezza, in quanto anch’egli ha confessato di aver commesso il delitto. La severità della punizione, data la gravità del reato, è facilmente immaginabile. All’arringa dell’avvocato, però, tutti cambiano idea, perché? La motivazione è molto semplice, l’avvocato descrive la situazione familiare del suo assistito delineando un profilo violento del padre, il quale era alcolista e periodicamente picchiava la moglie e il figlio. L’avvocato asserisce quindi che la reazione del suo assistito è del tutto normale, essendo stato abituato a pensare che la violenza sia giusta, corretta e risolutrice. Vediamo, adesso, come la posizione dell’imputato sia radicalmente cambiata, infatti, la scelta dell’omicidio non fu libera ma dettata dalle circostanze dell’ambiente degradato in cui viveva.

È possibile, dunque descrivere la libertà come qualcosa d’immutabile e risiedente incondizionatamente in ognuno di noi?

Evidentemente no.

Possiamo vedere come l’educazione, i costumi, il nostro stesso modo di pensare siano strettamente correlati al concetto di libertà. La questione fondamentale è, adesso, sapere se noi siamo realmente liberi, cioè se le nostre azioni siano dipendenti dalla nostra volontà, oppure limitate da un determinismo naturale di cui ci sfuggono i principi.
Se dovessimo accettare per buona la prima tesi, dovremmo rifiutare qualsiasi forma di onniscienza divina, o, perlomeno, limitarla fortemente; su questo dilemma nasce il protestantesimo che sostiene vivamente come Dio predestini infallibilmente gli uomini alla salvezza affermando che per l’uomo l’unica libertà è l’asservimento di Dio, rendendo quindi inutile il libero arbitrio, affermando quindi che né la nostra volontà né le nostre azioni sono in alcun modo libere.
Contro questa ipotesi, è, invece, Erasmo, il quale afferma che sì la grazia divina è la causa principale della salvezza, ma la libertà dell’uomo concorre a questa salvezza e ne rappresenta la causa secondaria, rivalutando così il concetto di libero arbitrio.
Quindi vediamo da un lato il libero arbitrio di Erasmo che, visto in chiave cattolica, attribuirebbe all’uomo una sorta di libertà considerata come causa concorrente alla salvezza; mentre dall’altro la completa inutilità del libero arbitrio sostenuta da Lutero.

 

 

 

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Per quanto riguarda invece il concetto di un possibile determinismo naturale che limiterebbe la nostra libertà, possiamo scorgere questo pensiero nei filosofi della rivoluzione scientifica (come Galileo o Newton) i quali affermano che tutto ciò che accade ha una causa e, data quella causa, non può non accadere (validità del principio di causa => uniformità della natura); perciò, se dovessimo accettare per vera questa tesi, dovremmo dire che gli eventi del presente sono interamente determinati dagli eventi del passato e, a loro volta, determinano gli eventi futuri.

Particolare è invece la filosofia Cartesiana, la quale afferma come la res cogitans, cioè la sostanza pensante, sfugga al determinismo delle leggi della natura, in quanto “facoltà del volere” e dunque spontanea, cioè libera. Molti filosofi sostennero però che la mente fosse parte del mondo naturale dei corpi, eliminando la distinzione cartesiana tra res cogitans (ovvero la sostanza pensante) e res extensa (a cui appartengono tutti i corpi fisici), affermando che nel compiere le azioni che eseguiamo, noi siamo sempre determinati dalle leggi della natura nello stesso senso in cui un sasso lanciato in aria è determinato dalla forza di gravità a cadere a terra; in questa chiave di lettura la nostra scelta è già determinata.

Filosofi come Locke, Voltaire e Hume hanno tentato di dimostrare come al di la delle apparenze, libertà e determinismo sono compatibili e, seguendo questa prospettiva occorre definire il concetto di libertà come: “possibilità di agire senza impedimenti o costrizioni”. Dall’analisi di questa frase appare evidente il significato: è libero colui che non è impedito nell’agire, ma riflettendo, non è forse vero che la libertà è limitata dalle nostre stesse capacità? Se infatti immaginassimo un uomo in un’ isola deserta, completamente libero, non dovremmo affermare che in realtà egli è vincolato sempre e comunque dalle sue capacità che non gli permetterebbero (in un’idea utopistica) di volare?

Ciò che sembra quindi evidente è un’impossibilità dovuta alla natura stessa dell’uomo di essere libero (dove con libertà si intende il suo significato puramente metafisico), cioè la possibilità di fare realmente tutto ciò che vuole.

 

Antonino Bertani