Una dea per amica : “Ode all’amica risanata”, U. Foscolo

Foscolo.
Ci siamo, l’ho letto e riletto e studiato l’anno passato a scuola, tra l’altro.
Ma cosa dire, cosa scrivere di un personaggio così immenso, sia negli scritti che per la giovane età in cui diede vita alla maggior parte delle sue opere?
“Iniziò a comporre a 16 anni circa, per finire poco dopo i 20.”
Storsi il naso in un ghigno deluso, e la professoressa lo notò, sorridendo bonaria.
“Mariolini, non ti abbattere. Hai sempre scritto cose bellissime, e hai ancora così tanto tempo per scriverne di più grandi del Foscolo!”
Disse una cosa così, e pur essendo una frase iperbolizzata e notevolmente impossibile, mi strappò un sorriso.
Il Foscolo, quanto l’ho amato su quei banchi.
Ma cosa, cosa dire davvero di cotanto genio? Di questo enfant prodige?
Delle sue opere?
E allora bisognaa scegliere.
Ho pensato a “I sepolcri”.
Senza parole. Come le sue tombe.
Davvero, da togliere il fiato, roba che ci finisci tu nel sepolcro.
Il cinismo dell’ateo e tuttavia l’illusione dell’uomo.
Ma troppo lunga. Ci vorrebbero esattamente 4 articoli per parlarne, o un’infinita vostra pazienza.
Le Grazie.

 

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Anch’esse meravigliose, anch’esse lunghe.
Poi, come un lampo, ho ripensato a una sua Ode, non forse tra le più conosciute, ma tra le più belle.
Il Foscolo riesce a dare giustizia alla donna amata, una donna che si fa dea, e che nella letteratura trova la sua immortalità.
L’illusione dell’uomo.
La dolcezza dell’Innamorato.
In un’ode.
L’ode all’amica risanata.

ODE ALL’AMICA RISANATA
Punto primo.
E’ un inno alla donna.
Una donna che è mortale, succube del tempo vorace che fugge.
Eppure si fa dea, e vince tutto.
Anche lo scorrere della giovinezza.
Donna. Quella vera, femminile.
Non estrapolata da una triste fiera bovina, per dire.

L’occasione della stesura è semplice: la donna amata dal Foscolo guarisce.
E allora possiamo dividere la favola in due episodi.
Prima, il tempo che divora e la guarigione di lei.
E poi, la divinità si fa donna. E viceversa.

 

    Qual dagli antri marini
l’astro più caro a Venere
co’ rugiadosi crini
fra le fuggenti tenebre
appare, e il suo vïaggio
orna col lume dell’eterno raggio.
Sorgon così tue dive
membra dall’egro talamo,
e in te beltà rivive
l’aurea beltate ond’ebbero
ristoro unico a’ mali
le nate a vaneggiar menti mortali.

Venere. La Dea della bellezza. Una donna come lei non potrebbe esistere, anche perché lei è dea. Eppure Foscolo con una “ybris” amorosa ci presenta la sua amata, e ce la dipinge così.

 

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Ce la dipinge dicendoci: avete presente Venere che esce dal mare? Ecco, immaginatevi questa dea nuda, la pelle leggermente bagnata e ambrata, i capelli gocciolanti. Ci pensate, all’effetto che vi farebbe? Roba da togliere il fiato. Così è lei, la mia donna, bella, bellissima, toglie il fiato a me e rischio io un collasso vedendola. Non è che si alzi. E’ troppo scontato. No, lei sorge dal letto dove per tempo aveva posato, malata. E rivedo nel suo volto quella nota bellezza, quella bellezza che tanto fu di conforto ai molteplici mali in cui si perdono le menti mortali.
Io ti guardo, e scordo il mio male di vivere.
Dea, dea che non sei altro, e allora ecco che uso verbi divini, la similutidne niente di meno che con Afrodite, un sacro talamo che t’accolse.
E ora, finalmente, le mie braccia.

Fiorir sul caro viso
veggo la rosa; tornano
i grandi occhi al sorriso
insidïando; e vegliano
per te in novelli pianti
trepide madri, e sospettose amanti.
[…]
te, Dea, mirando obbliano
i garzoni le danze,
te principio d’affanni e di speranze.
[…]

 
Dea, dea mia, vedo che stai bene, ora, che sei guarita.
Da cosa lo noto? Il rosa che torna sulle tue gote prima emaciate, i grandi occhioni azzurri che sorridono, e mi attraggono, Dio se mi attraggono.
Ma non lo sai, non lo sai che ora che sei ancora in salute le donne tremano per i mariti che, avidi d’amore, ti guarderanno e non brameranno altre che te?
Che le madri piangono sapendo i figli nelle follie della tela d’amore che tu, ignara, vai tessendo?
Esalto te, donna, ed esalto me, unicamente per esserti al fianco.
Dea.

All’agitarti, lente
cascan le trecce, nitide
per ambrosia recente,
mal fide all’aureo pettine
e alla rosea ghirlanda
che or con l’alma salute April ti manda.

 

Foscolo ride. E la guarda.
Ride dei suoi capelli raccolti in trecce, ricci.
Non ce lo dice, ma li definisce ribelli al pettine e alle acconciature.
E, per esperienza personale, vi assicuro che non possono che essere ricci.

Così ancelle d’Amore
a te d’intorno volano
invidiate l’Ore;
meste le Grazie mirino
chi la beltà fugace
ti membra, e il giorno dell’eterna pace.

La mia parte preferita.
Meste le grazie mirino, chi la beltà fugace ti membra, e il giorno dell’eterna pace..
Sei bella, donna, Dea. E lo vedi che il tempo, invidioso, scorre.
Scorre sui tuoi capelli leggeri e biondi, su quegli occhi azzurri non abbastanza decantati.
Ma obbligo le Grazie a guardare bieche ed irate colui che ti rimembrerà che tutto è vano e mai perpetuo, che ogni cosa fugge e sfugge, e che anche la più bella rosa del giardino sfiorirà. Che le tue gote sfioriranno e i tuoi aurei boccoli diverranno bianchi.
Perchè ho scoperto il modo per vincere il tempo. E che quello stolto ancora non sa…

  Mortale guidatrice
d’oceanine vergini,
la Parrasia pendice
tenea la casta Artemide,
e fea terror di cervi
lungi fischiar d’arco cidonio i nervi.
Lei predicò la fama
olimpia prole; pavido
diva il mondo la chiama,
e le sacrò l’Elisio
soglio, ed il certo telo,
e i monti, e il carro della luna in cielo.
Are così a Bellona,
un tempo invitta amazzone,
die’ il vocale Elicona;
ella il cimiero e l’egida
or contro l’Anglia avara
e le cavalle ed il furor prepara.
E quella a cui di sacro
mirto te veggo cingere
devota il simolacro,
che presiede marmoreo
agli arcani tuoi lari
ove a me sol sacerdotessa appari
regina fu; Citera
e Cipro ove perpetua
odora primavera
regnò beata, e l’isole
che col selvoso dorso
rompono agli euri e al grande Ionio il corso.

 

Passaggio arduo. Procediamo dunque tappa per tappa.
Foscolo era ateo. Fin da piccolo ebbe una formazione per l’appunto atea, materialista ed illuminista (come si vedrà ne “I Sepolcri”).
Non credeva dunque nè in un Dio nè in più divinità.

 

http://biografieonline.it/img/bio/u/Ugo_Foscolo.jpg
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Credeva però nella capacità della gente di riconoscere ed elevare la bellezza.
Uno di quelli che si direbbe ingenuo, ai giorni nostri.
Pensava che Atena, Artemide, la stessa Afrodite-Venere altre non fossero che donne comuni, rese dee ed immortali dalla gente e dalla sua adulazione.
O da un uomo innamorato, da un poeta, che la scolpì su carta che le dono l’immortalità. Un poeta magari greco.
Perchè Foscolo non potrebbe farlo con la sua amata? Dopotutto…

Ebbi in quel mar la culla,
ivi erra ignudo spirito
di Faon la fanciulla,
e se il notturno zeffiro
blando su i flutti spira,
suonano i liti un lamentar di lira.
Ond’io, pien del nativo
aër sacro, su l’itala
grave cetra derivo
per te le corde eolie,
e avrai, divina, i voti
fra gl’inni miei delle insubri nipoti.

Dopotutto io, Foscolo, ebbi nel mar Greco, a Zacinto, la culla. Potrei essere un successore della poesia greca, potrei essere stato fornito dal fato della stessa capacità dei grandi lirici. Nacqui là dove erra lo spirito di Saffo, e se il vento notturno, carezzevole, soffia sul mar, non senti? Senti, quel lamentar di lira.
E quindi io, con questi natali ben poco da plebei, io, donna, in metri e poesia italiani canto una tradizione che è greca, ti rendo dea greca con la mia poesia, e sarai venerata grazie a me, dalle discendenti italiche.
Da donna a dea grazie alla poesia.
Immortale.
Per un semplice metro.
E per un uomo innamorato.

Era una donna comune, in effetti.
Ebbe però una fortuna.
Quella di essere amata da un grande artista, che la seppe dipingere con i colori più belli.
Quelli del sublime.

 

Arianna Mariolini

 

Arianna Mariolini

Mi chiamo Arianna Mariolini (Ary). Sono nata il 6 gennaio 1998 a Clusone, in provicia di Bergamo, ma attualmente risiedo a Pisogne, un bellissimo borgo bresciano. Dal settembre del 2012 frequento il Liceo classico Decio Celeri di Lovere. Le mie principali passioni sono la letteratura e la musica...