Paul McCartney : l’evoluzione di un genio

Il 18 giugno 1942 nasceva uno dei geni del XX secolo.
Non era Steve Jobs, non era nemmeno Luciano Pavarotti.. Faceva solo musica “leggera”.
Così leggera che ha lasciato un segno indelebile e profondo nella storia della musica e nella cultura popolare.
Ladies and gentlemen, please welcome to.. Sir Paul McCartney

 

 

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A cura di Roberto Testa

 

Ogni tanto credo che il caso o il destino prefiguri un po’ le cose; e allora, nell’oratorio della Chiesa di St.Peter (di quartiere di Liverpool), il giovane John Lennon, nato in uno dei momenti più difficili per il suo paese – la seconda guerra mondiale, nel 1940 – ha un grande sogno : suonare, vivere di musica, la sua più grande passione. Con una chitarra in mano e l’aria da giovane spensierato e da bad boy, incontra Paul, il ragazzo colto, romantico e timido. Come in una storia d’amore, i due capiscono di essere fatti l’uno per l’altro : è un colpo di fulmine. I due si trovano sempre di più, ovunque, a casa di Paul o di John, a scrivere e a comporre tanti pezzi; nella difficoltà che entrambe le famiglie vivono, i due trovano la forza di andare avanti grazie alla loro passione comune e diventano “fratelli”. A loro, si aggiungerà George Harrison, “il bimbo” della band, tenero e dolce e, dopo aver provato diversi batteristi, Ringo Starr, a detta di molti, il miglior batterista di Liverpool, tonto e burlone.
Ma torniamo alla musica. Il talento di Paul è innato, raro, e ha una voce calda, limpida e che dà fiducia allo scatenato Lennon, che si divertiva con i giochi di parole, con lo skiffle e con un rockabilly casereccio.

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E da questa miscela esplosiva, ecco il primo album : 1962, Please please me.
Quel one, two, three, four molto yankee all’inizio di I saw her standing there segna l’inizio di una nuova epoca, quella dei capelli a caschetto e degli stivaletti in pelle, giacca e cravatta e aria innocente da bravi ragazzi, puliti e ordinati.
Ma non è solo una questione di immagine : i Beatles riescono ad andare oltre qualsiasi etichetta musicale, sconvolgendo il panorama piatto della musica popolare europea.
Un anno dopo, i ragazzi sono già negli States  ad esportare la loro musica nei teatri e nelle sale da ballo, a fare impazzire milioni di ragazzine e non solo, a coinvolgere il mondo intero nella vera e propria beatlemania. Sono i tempi di She loves you e di All My Loving¸ una delle più belle perle targate Lennon/McCartney, già una delle coppie più prolifiche e affiatate di quel periodo. Tra un tour e l’altro, i nostri ragazzi trovano anche il tempo di registrare un nuovo album, With the Beatles, nel 1963, con pezzi stupendi come Till there was you, It won’t belong, Hold me tight e cover come Roll over Beethoven di Chuck Berry o Please Mr. Postman delle The Marvelettes a dimostrazione della loro grande apertura musicale sin dai primi tempi. Per la piccola band di Liverpool è un nuovo punto di partenza : a questo seguirà A Hard Day’s Night, album del ’64 e primo film dei Beatles, che contiene ad esempio If I fell, Can’t buy me love o Any time at all.

McCartney in questo caso è il bello di turno, sempre circondato da ragazze e da fan scatenate che darebbero di tutto per ricevere anche un suo sguardo ammaliante. E Paul con le ragazze ci sapeva fare : grazie al suo fascino e al suo carisma da lord, Macca riesce a colpire dritto al cuore di tante fanciulle, una delle quali è Jane Asher, giovane fotografa e attrice londinese, con la quale ha la sua prima vera relazione (dal ’63 al ’68). Lei è una vera e propria musa ispiratrice, infatti Paul conosce uno dei suoi periodi più “redditizi” della carriera; in preda all’amore e alla passione, Macca scrive, insieme al sempre fedele John, le sue canzoni più belle. Basti pensare a And I love her, una delle più romantiche canzoni d’amore dei Beatles, oppure Here, there and everywhere, Michelle o In my life, pezzi di una raffinata dolcezza, o ancora Eight days a week, tutti pieni di quell’amore, un po’ ancora legato all’adolescenza ma che va verso la maturità, che circolava nel gruppo e fuori. E poi gli altri album : Beatles for sale (’64), Help! (’65) e Rubber Soul (’65), tutti impreziositi dalla sempre più evidente capacità compositiva dei membri, guidati solitamente dalla McLennon. Ma è anche l’epoca della speranza, dei sogni, dei primi movimenti hippie, della sfida ai tabù e alle imposizioni della società, e i Beatles, con la loro evoluzione (e rivoluzione) musicale e culturale hanno rappresentato anche questo.

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Poi, nel ’66 la vera rivoluzione : tutto inizia con l’abbandono del classico taglio a caschetto e finisce con un cambiamento irreversibile del gruppo. Revolver (ma già qualche anticipazione si era udita nel precedente album, Rubber soul) è il punto di svolta, il nuovo laboratorio dei Beatles, dove Paul inizia a maneggiare le tastiere e i suoni si fanno più ruvidi e decisi, ma il sound è ancora da sperimentare. Decisivo, in questo passaggio, For no one, scritto unicamente da Paul, un po’ anche simbolo di una piccola crisi compositiva della coppia, che tende a divergere negli interessi e nelle direzioni da far intraprendere al gruppo. Paul intraprende un suono diverso, cambia basso, abbandonando l’Hofner e prendendo il Rickenbacker, segno di una volontà di cambiamento, di innovazione. Al cambiamento contribuisce anche George, passando a tutti la moda dei capelli lunghi e della barba, presa un po’ dal nascente movimento hippie e un po’ dalle sue esperienze mistiche in India.

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I Beatles ora non sono più quei ragazzini carini e innamorati che scrivevano musica, canzonette e giravano il mondo in aereo; ora sono cresciuti e sono arrabbiati con una società chiusa e cieca di fronte ad una grande guerra, quella del Vietnam. Ma sono anche musicisti affermati, professionisti, e quindi si chiudono in sala – isolandosi quasi dal mondo – alla ricerca di nuove idee da sviluppare. Ed è proprio in questo periodo che si fa ricollegare il caso del Paul Is Dead : il 12 ottobre, un certo Tom telefonò in diretta ad una trasmissione radio di Detroit, sostenendo di conoscere un “piccolo” segreto, quello relativo alla morte di Paul McCartney. Il giovane infatti indicò una serie di indizi nascosti negli album, nelle copertine e anche in alcuni testi del gruppo, in cui – a suo modo di vedere – si voleva lasciar intendere che Paul fosse morto (probabilmente in un incidente stradale nel ‘66). McCartney ha sempre negato queste voci, buttandola sull’ironia :

Sono vivo e sto bene, e non mi interessa delle voci sulla mia morte. Ma se fossi morto, sarei stato l’ultimo a saperlo.

Poi arriva il ’67 e con esso una nuova figura entra nelle dinamiche della band : è Yoko Ono, la nuova fidanzata di John, che tenta di instradare i Beatles su quel percorso già prospettato da lui, più politico (a favore della pace) e quindi musicalmente più impegnato, oltre che poco commerciale. La musica da ballo si trasforma ufficialmente in musica d’ascolto con uno dei più grandi album, pietra miliare del rock : Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (’67). Qui si accentuano ancora di più i diverbi della McLennon, che ora sta sempre più dividendosi in John Lennon e Paul McCartney, anche a “vantaggio” di George e Ringo, che iniziano ad avere più spazio (sia come compositori che in visibilità) ed escono dall’ombra. Ma una nuova coppia si sta formando : Macca conosce, grazie al manager Brian Epstein, Linda Eastman, una fotografa che diventerà, nel ’69, dopo due anni di fidanzamento, la donna della sua vita. Paul la seguirà fino alla morte, nel ’98, forse uno dei momenti più dolorosi della sua vita. Anche oggi, in diverse performance, Paul rivolge sempre un pensiero a Linda, dedicandole una delle sue più romantiche canzoni : Maybe I’m amazed (scritta nel ’70).

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Comunque, questi sono gli anni di Magical Mystery Tour, The Beatles (“White Album”) e Yellow Submarine, dischi in cui si nota sempre più la maturità musicale dei Beatles e il decisivo apporto del produttore George Martin (soprattutto in Yellow Submarine) : pezzi-simbolo di quest’epoca sono All you need is love, Hey Jude, Penny Lane, Stawberry Fields Forever e Yellow Submarine, Lucy in the sky with diamonds, Dear Prudence, I’m so tired, Hey Bulldog e Revolution.

Diversi furono i tentativi di riconciliazione, ma ormai la frattura era insanabile. John si trasferisce negli USA, dove inizia a partecipare alle prime manifestazioni contro la guerra e scrive i suoi pezzi insieme a Yoko, rischiando anche di essere rimandato in UK per il possesso di stupefacenti. L’ultimo grido del cigno è Abbey Road, forse uno degli album più rappresentativo della carriera musicale del gruppo, paradossalmente l’apice musicale della loro carriera. Brani del calibro di Oh, Darlin’!, Here comes the sun (preziosismo di George, come la meravigliosa e invidiabile Something), Because, Come together (scritta da Lennon), solo per fare qualche nome..

E poi l’ultima esibizione dal vivo, lì, sul tetto della loro “casa”, gli studi della Apple Records a Savile Row (Londra), nel freddo glaciale del 30 gennaio 1969 : è un mondo che ormai non appartiene più ai Beatles; nascono infatti nuovi gruppi come Led Zeppelin, Deep Purple, Pink Floyd…
Let it be, l’ultimo album, è più una raccolta influenzata molto da Paul e dal suo stile a volte malinconico (The long and winding road, Let it be) e a volte blueseggiante (One after 909, I’ve got a feeling, Get back). Uno degli ultimi pezzi scritti con Lennon è Two of us, dedicato a Linda.
Ma noi prendiamolo come simbolo dell’esperienza di Paul con John, probabilmente la più importante della sua vita, senza nulla togliere a quella con Linda.

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You and I have memories
Longer than that road that stretches out ahead

[…]
Two of us wearing raincoats
Standing solo in the sun
You and me chasing paper
Getting nowhere on our way back home
We’re on our way home
We’re on our way home
We’re going home

Tu ed io abbiamo ricordi
Più lunghi della strada che si perde al fronte.
[…]
Due di noi che indossano impermeabili
Stando da soli sotto il sole
Tu ed io che ci ricorriamo
Non andando da nessuna parte, sulla strada di casa
Stiamo tornando a casa
Siamo sulla via di casa
Stiamo andando a casa.