L’emigrazione italiana nel mondo dall’Ottocento al Novecento.

Ecco un tema che mi è capitato di trattare in questi giorni, direi che si tratta di un problema serio, del passato e di oggi : l’emigrazione degli italiani. Lo analizziamo dunque, a partire dal 1876, grazie ad alcune statistiche e ad alcuni documenti che ho trovato su qualche libro di storia.

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Dalla seconda metà dell’Ottocento al primo decennio del Novecento il processo di emigrazione dall’Italia si è notevolmente sviluppato : dagli oltre 5 milioni tra il 1876 e il 1900 si è passato agli oltre 8 milioni tra il 1901 e il 1915 (ISTAT G. Rosoli, Un secolo di immigrazione italiana).

 

 

Ma ci vogliamo  chiedere quando e perché tutto ciò sia avvenuto e continui ad avvenire? La prima grande emigrazione nasce alla fine del 19esimo secolo, in seguito ad una forte crisi italiana nell’età post-unitaria, quando il potere barcollava tra Destra e Sinistra Storica, il tasso di disoccupazione era elevatissimo e i servizi garantiti dal nuovo Stato non erano dei migliori : si andava quindi a cercare una vita migliore in altri paesi, principalmente per trovare lavoro, poi per avere servizi e possibilità migliori e infine, in pochissimi casi, per cambiare aria. Il sogno degli emigranti era l’America, di cui tanto si parlava, come un posto nuovo che portasse prosperità al mondo, benessere e soprattutto lavoro produttivo : ma l’America intesa dalla gente di fine Ottocento non è solo l’America (Stati Uniti) che intendiamo oggi, ma anche l’America Latina e l’Australia, poiché si doveva affrontare un viaggio lunghissimo in nave per raggiungerle e lo stile di vita, le tradizioni e quasi tutto era completamente diverso.

Soprattutto nell’età Giolittiana (1903-1914) ci fu, come si evince dai grafici ISTAT, un forte aumento del numero di emigrati, e se guardiamo con attenzione, sono molti di più al sud che al Nord. Questo avviene perché la politica giolittiana era di tipo settentrionalista, quindi tendeva ad urbanizzare e industrializzare la parte centro-settentrionale dell’Italia, mentre trascurava il Mezzogiorno e questo provocò un malcontento generale e una “fuga” di uomini, operai, contadini, lavoratori, che non potendo continuare a vivere in quelle situazioni di arretratezza e sfruttamento, andavano negli Stati più industrializzati (o dove la richiesta di lavoro era più alta, come Germania, Stati Uniti, Francia), cercando una vita migliore. Per il governo Giolitti, come per molti altri, il fenomeno dell’emigrazione non è mai stato un problema, anzi, per costoro, più gente va via dal Paese, più lavoro c’è per chi rimane e, meno persone si devono pagare, più i salari dei lavoratori possono aumentare.

Invece la scena mostrata nella fotografia del 1905 (Catalogo della mostra “Lamerica! 1892-1914. Da Genova a Ellis Isand, Il viaggio per mare ai tempi della migrazione italiana, vedi foto) ci fa capire perfettamente com’è difficile : questi uomini sono costretti ad abbandonare la loro patria, a lasciare i loro cari e i loro parenti per un futuro che è incerto e talvolta pieno di difficoltà. Anche oggi si vive una situazione simile, poiché la crisi colpisce quasi tutti i settori del lavoro e molte persone sono costrette ad andare a studiare e a lavorare oggi, perché il nostro paese spesso offre poche possibilità. Un fenomeno che avviene oggi è anche la “fuga dei geni”, per cui molte menti italiane, capacissime e geniali, sono poco valorizzate in questo Paese e quindi sono costrette ad andare in altri paesi dove vengono più valorizzati e  compresi. In definitiva, l’emigrazione è un fattore che dipende principalmente dall’andamento economico del Paese e dalle prospettive sul futuro offerte da una nazione soprattutto ai più giovani e non deve essere visto positivamente, ma dev’essere un campanello d’allarme al sistema dello Stato per l’avvenire, perché se molti vanno via, qualcosa sicuramente sta proseguendo secondo una direzione sbagliata.

 

 

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Roberto Testa

Sono Roberto, un giovane di 20 anni. Studio Storia presso l’Università degli Studi di Torino e Contrabbasso Jazz presso il Conservatorio "G. Verdi" di Torino. La storia è molto probabilmente la passione più grande della mia vita, insieme alla musica, alla filosofia e alla politica..