Don Pino Puglisi e la lotta contro la mafia.

E oggi, nell’anniversario del suo compleanno e del suo giorno di morte, vorrei ricordare un grande uomo che da tempo ho avuto il piacere di “conoscere” : si chiama Pino Puglisi, è un sacerdote che ha lottato per anni contro la mafia e contro la criminalità organizzata, e da essa è stato ucciso. Non ho voluto esagerare nel raccontare la sua vita e la sua carriera, ho puntato più che altro a ciò che ha fatto di importante e ai messaggi e ai valori che ci ha lasciato. Don Pino non è morto, è vivo nel cuore e nell’anima di chi, ogni giorno, lotta nel bene e nel male per il bene e contro il male.
N.B.: 5 mesi fa ho avuto il piacere di visitare la sua Palermo per la prima volta ed entrando nel duomo, ho trovato diverse cose interessanti riguardanti lui che ho deciso di fotografare (perdonatemi la qualità scarsa del cellulare).

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DON PINO PUGLISI (15/09/1937 – 15/09/1993)

 

Giuseppe Puglisi è un normalissimo ragazzo di Palermo, del quartiere “Brancaccio”, (molto noto per le numerose vicende mafiose alle quali fa da scenario) nato nel 1937, che a soli 16 anni riceve una vocazione spirituale che lo porta ad entrare in seminario. Da lì uscirà come prete dopo 7 anni, nel 1960.

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Perché ricordarlo, perché parlarne?

Abbiamo due motivi importanti per ricordare quest’uomo :  l’aiuto e l’interessamento ai giovani e alle persone emarginate dalla società e la lotta alla mafia.
Don Pino Puglisi non è un sacerdote qualsiasi che si interessa di amministrare la sua parrocchia, di fare le messe e di organizzare attività e catechismo..è un prete che, oltre alla sua normale attività, riesce a comprendere la situazione dei giovani provenienti dal suo quartiere (ragazzi che vivono per strada, tossicodipendenti, drogati, ladri..) e fa di tutto per aiutarli e per riportarli sulla buona strada. Ma non dobbiamo dimenticare che la sua carriera è lunga e luminosa, e potremmo citare tutti i ruoli da lui assunti (una lista un po’ lunga) , compreso l’insegnamento! E l’insegnamento lo avvicinerà appunto ai ragazzi : si sentirà in parte maestro e in parte uno di loro, perché li salverà dalla strada, giocherà con loro, si divertirà e passerà gli anni più belli insieme a loro. Stessa cosa fa con i malati..grazie all’aiuto di frati, suore, volontari e religiosi di centri sociali, oratori, parrocchie, riuscirà ad essere vicino a molte persone che vivono situazioni critiche come brutte malattie, handicap o problemi di alcolismo, droga, emigrazione.. E dice “Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno.
Questa è un’illusione che non possiamo permetterci.
E’ soltanto un segno per fornire altri modelli, soprattutto ai giovani. Lo facciamo per poter dire: dato che non c’è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa.
E se ognuno fa qualche cosa, allora si può fare molto…”.

Don Pino crede e continua a credere nella forza d’insieme, nella forza di chi ha uno spirito giovane e nella forza che Dio manda agli uomini attraverso l’amore e la fede.
Purtroppo, molte di queste persone, soprattutto i giovani e i drogati, erano vicini al mondo della mafia e ai problemi che essa portava..  Attraverso l’Associazione Intercondominiale, disturba anche attività mafiose e malaffari condotte nella zona e subisce minacce e intimidazioni. Dice : “Mi rivolgo ai protagonisti delle inutili intimidazioni che ci hanno bersagliato. Parliamone, spieghiamoci, vorrei conoscervi e conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi cerca di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile”.

E nella lotta alla mafia e alla criminalità, è un grandissimo esempio, un uomo che cerca di portare i problemi al dialogo per essere risolti, che punta sempre all’educazione dei giovani come base per la società e che riprende valori laici e cristiani riguardanti il rispetto e la convivenza.. E l’esempio che vuole dare è così grande che gli costerà una vita, la sua vita.

“Il testimone certe volte deve anche rischiare… io sto rischiando un po’ grosso forse, non lo so, però credo nell’amicizia.”.

Perché è stato ucciso dalla mafia? Cosa c’entra la mafia con un sacerdote?

E’ stato ucciso dalla mafia perché è riuscito a togliere i giovani da cattive situazioni, e quindi ad allontanarli dall’ambiente mafioso e perché appunto la sua attività pastorale era d’intralcio per la mafia. Venne ucciso nel giorno del suo 56° compleanno, il 15 settembre 1993, sotto casa sua, per mano di un uomo, un certo Salvatore Grigoli, che un anno dopo venne arrestato, insieme ad un altro uomo coinvolto nell’omicidio, Gaspare Spatuzza. Le ultime parole prima della morte del sacerdote furono: “me l’aspettavo”.

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La Chiesa Cattolica ha riconosciuto il martirio e il gesto d’amore nei confronti dei fratelli e lo ha beatificato il 25 maggio 2013.
Così possiamo leggere sulla sua tomba : “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv, 15,13)

 

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Papa Francesco ha detto di lui, il giorno dopo della beatificazione : “Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto”.



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“È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per i soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore, ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”. [Don Pino Puglisi]

 

Roberto Testa

Sono Roberto, un giovane di 20 anni. Studio Storia presso l’Università degli Studi di Torino e Contrabbasso Jazz presso il Conservatorio "G. Verdi" di Torino. La storia è molto probabilmente la passione più grande della mia vita, insieme alla musica, alla filosofia e alla politica..