Intervista a Bruno and the Souldiers!

Qualche giorno fa abbiamo avuto il piacere di conoscere una giovane e simpatica band calabrese, proveniente da Soverato (CZ) : i Bruno and the Souldiers! Abbiamo avuto anche l’onore di intervistarli, in occasione dell’uscita del loro primo EP “Nothing To Lose”.. Che dire, sentiamo un po’ cosa hanno da dirci..buona lettura e buon ascolto!


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Chi si offre come portavoce del gruppo, pronto ad essere tartassato dalle nostre domande, è Bruno Pittelli, il frontman della band!

Come vi siete formati? Come è nata la vostra passione per la musica?

Il progetto nasce nel 2015 poiché io avevo pronte diverse canzoni con sonorità ska, molto sixtees e rythm & blues, per un mio progetto personale che si chiamava, per l’appunto, Bruno. Grazie a Vincenzo di OverDrive Rec., dove ho registrato il mio primo lavoro, ho conosciuto il nostro bassista Carlo con cui ho iniziato a suonare e a sperimentare. Subito dopo si è aggiunto un batterista, Francesco, e con questa formazione abbiamo fatto un po’ di “rodaggio”, per così dire. Ad aprile 2015 è arrivato l’attuale batterista Giorgio, ex Emily Witch, e infine si è aggiunto il tastierista Vito. L’incontro con la musica è arrivato per me in tenera età – continua il frontman – sono stato fortunato poiché mio padre è un collezionista di dischi e mi ha trasmesso la sua passione. Ho iniziato a studiare chitarra e a scrivere canzoni da giovanissimo. Per tutti noi si può effettuare un discorso simile: la musica è un po’ il nostro pane quotidiano, siamo cresciuti assieme a lei e dunque non possiamo staccarcene.

Da quanto tempo suonate insieme? Quali sono le vostre esperienze più belle e significative?

L’attuale formazione è in realtà piuttosto giovane, in quanto risale al maggio 2015.
Tra i momenti più belli c’è sicuramente il concerto in apertura agli Skatalites, nell’estate 2016. Conoscere i membri della band è stato bellissimo. Anche tanti altri piccoli concerti si possono annoverare tra le esperienze da ricordare: ognuno di essi ci ha sempre dato la prova del fatto che il progetto fosse vincente e ci ha dato la possibilità di conoscere persone stupende.

 

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Chi sono i vostri artisti di riferimento? In cosa consiste il vostro genere?
Per quanto riguarda me, sono sempre stato attratto dal groove. Ho iniziato ad apprezzare Hendrix più per le sue venature funky piuttosto che per i tecnicismi e virtuosismi dei suoi assoli. Sono passato dal rock, al punk, all’hip hop fino ad arrivare anche alla musica totalmente digitale.
In generale reggae, ska, soul, r&b sono generi che considero tutti legati da uno stesso filo, che è quello del groove. Dunque il nostro progetto è legato al reggae e allo ska e in esso si ritrovano anche elementi black, che legano la musica ad argomenti di riscatto sociale, politico, alla voce delle sottoculture, aspetto che mi ha sempre affascinato. In effetti posso dire di sentirmi “nero”, da un punto di vista musicale.

 

Cosa significa per voi la musica? Quale valore le affidate?
La musica è per me un linguaggio, è una chiave di lettura per i vari momenti storici a cui è legata. Per quanto mi riguarda la musica ha un valore centrale nella mia vita, è qualcosa che ho cercato di “annacquare” in passato, con scarso successo poiché è una passione: io mi sento bene a stare con musicisti, mi sento bene quando creo musica. Sto parlando in prima persona, ma questo discorso può essere trasposto a tutti gli altri membri della band, che danno alla musica un ruolo centrale nella loro vita.

Come si sviluppa la scrittura dei brani? Chi scrive i pezzi?
I brani sono scritti da me. Li immagino, li suono, li arrangio e poi li do in pasto a batterista, bassista e tastierista dandogli un’idea della direzione in cui vorrei il brano andasse. Do molta importanza al valore ritmico del pezzo, lasciando molta più libertà dal punto di vista melodico.


Qual è il motivo per cui scrivete i vostri testi in inglese?
Scrivo in inglese, pur adorando l’italiano, perché il progetto BatS ambisce a non essere relegato all’ambito italiano, visto anche il fatto che i gruppi di riferimento per il nostro genere sono per lo più esteri. Inoltre mi è sempre venuto naturale utilizzare questa lingua, soprattutto dopo aver vissuto negli Stati Uniti per un periodo della mia vita. La musicalità dell’inglese è tra l’altro impareggiabile.

Come trovate il mondo della musica “alternativa” o “indipendente” oggi? Pensate che oggi sia più determinante rispetto al passato fare musica dal vivo piuttosto che incidere dischi?

Questa è una domanda piuttosto difficile. Se per musica “alternativa” intendiamo quella che viene attualmente spacciata per tale e passata per radio e televisione, viviamo in tempi paradossali ormai da un bel po’. Ormai tutto quello che era una volta limitato alle cantine, ai garage, destinato ai “pochi” che potevano apprezzare e che aveva comunque uno spazio molto ristretto, è invece mainstream. E’ veramente assurdo ormai parlare di sottoculture, sottoscene. La musica live c’è, ma è messa molto male in Italia: mancano i posti in cui suonare, manca l’audience, mancano le radio interessate a queste realtà.
Se per musica “indipendente” intendiamo quella che ancora si trovava negli anni ’90, legata ai centri sociali, alle etichette indipendenti, ai cosiddetti alternativi, allora oggi la musica indipendente non c’è più. L’online, i talent, i reality hanno cambiato il modo di fruire la musica. In definitiva non mi sento di dire che esista in italia una scena alternativa.
Incidere dischi o fare live? Assolutamente live. I dischi sono belli in quanto testimonianza di un prodotto, è un modo certamente importante di approcciarsi alla musica. Ma i live sono i momenti in cui ti fai conoscere, i momenti in cui giri le tue carte. Lì improvvisi, lì non puoi correggerti, lì sei “vero”.

 

Secondo voi c’è una disaffezione da parte del pubblico nei confronti della musica? Pensate che questa forma d’arte sia sempre più vista come un prodotto da vendere e/o come un “sottofondo” della nostra quotidianità?
Dunque, io sono fortunato perché ho un lavoro, un posto fisso, cosa che molti altri non hanno, provando a fare il musicista di professione. In Italia di musica non si campa, a meno che non ci si sposti sul campo dell’insegnamento, e non ci si campa perché mancano appunto proprio i circuiti, i presupposti: la musica da noi non è considerata un lavoro. I meccanismi secondo cui la musica era davvero un prodotto da vendere sono completamente cambiati, i negozi di dischi non funzionano più, le label non investono più come facevano tempo fa, è tutto diverso.
Cito Turi dicendo “se vuoi campare con la musica, allora vai a vendere panini fuori dai concerti”.

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Spesso oggi si parla di questi talent show come trampolino di lancio per artisti emergenti, come cancello d’ingresso al mondo musicale.. Cosa ne pensate? Hanno trasformato il mondo della musica?
Il problema di questi artisti emergenti che vogliono sfruttare questo trampolino di lancio, e mi ricollego all’importanza dei live, è che non hanno alle spalle molte esperienze dal vivo: i talent fanno sì che questi giovani artisti vedano subito le luci puntate su di loro, abbiano subito team di dieci persone a loro dedicate che montano e smontano per loro la strumentazione, li preparano in tutto e per tutto. Questi ragazzi non sono abituati a “sporcarsi le mani”, a montare e smontare da soli la loro roba, a fare la gavetta. Ecco la differenza rispetto ai “vecchi tempi”, non esiste più la gavetta! Si arriva subito dalla stanza al mainstream.

Dunque sì, i talent hanno trasformato il mondo della musica, ma non mi sento di sputare su di essi. Mi metto nei panni di chi vuole fare questo lavoro e vede l’opportunità che il talent offre: andare in onda in prima serata davanti a milioni di persone a mostrare quello che sei. Non ci vedo nulla di venduto o di sporco, è in realtà un’ottima opportunità. Il rischio è che la troppa esposizione possa “bruciare” la figura dell’artista: fai il primo album e hai già detto tutto quello che avevi da dire.
Quando invece hai tanta, tanta fame di gavetta hai tante, tante cose da dire.

 

Ringraziando Bruno e il suo gruppo, vi invitiamo a seguirli e ad ascoltarli!
Pagina facebook : https://www.facebook.com/BrunoandtheSouldiers/
Soundcloud : https://soundcloud.com/user-222058142
La band è formata da :
Bruno Pittelli – Voce e Chitarra
Carlo Delfino – Basso
Vito Tassone – Organo e Tastiere
Giorgio Faini – Batteria