Intervista ad Anna Radici

“È molto difficile condensare la propria vita in poche parole”, ci dice Anna Radici, nota attrice di teatro e doppiatrice, definita “una delle voci più belle di Torino”.

Noi, che l’abbiamo intervistata e l’abbiamo sentita dal vivo, possiamo confermarvi che è davvero così.

Se siete curiosi sappiate che, da dicembre 2017, è possibile ascoltare questa voce a teatro, in uno spettacolo di cui la Radici è ideatrice, scrittrice, regista e protagonista. “Légàmi”, infatti, sta girando il Piemonte, commuovendo ogni volta il pubblico in sala grazie alla sua disarmante poesia.

 

Ma procediamo con ordine.

Anna Radici

 

“Chi è Anna Radici?”

“Sono un’attrice torinese, ho cominciato a fare questo mestiere nella metà degli anni ’70. Ho frequentato la scuola del Teatro Nuovo, dove mi sono diplomata nel 1979 e subito dopo ho iniziato a lavorare con la compagnia piemontese del celebre attore e chansonnier Gipo Farassino, con cui ho recitato testi molto importanti, quali: “Le miserie ‘d Monsù Travet”.

 

“Ci racconterebbe qualcosa del suo debutto?”

Ricordo con molto piacere il mio debutto: davo vita a uno dei personaggi che amo di più, faceva parte della commedia musicale “Turin bel coeur”, un meraviglioso inno alla città che già in quegli anni viveva la sua metamorfosi. Ho avuto il piacere di cantare dal vivo con Gipo Farassino ad appena 20 anni.

 

“Dunque attrice e anche cantante?”

Sì!

Avevo già avuto esperienze canore da piccola con i miei genitori e, successivamente, anche altri miei lavori sul palcoscenico sono stati contraddistinti dalla pièce musicale.

Mi chiamarono dal Gruppo della Rocca, una delle prime cooperative teatrali, tra le più importanti fino ai primi anni 2000. Nel 1984 festeggiavano i loro primi 10 anni con uno spettacolo arricchito da importantissime canzoni di autori come Brecht e Piovani.

 

“Una sorta di Musical?”

Sì, si cantava da vivo, con un pianista che suonava in scena. Le canzoni non erano pop, ma vere e proprie canzoni teatrali. Loro cercavano un’attrice che sapesse cantare e, dopo un’audizione, venni presa. “Siam tornati su una nuvola” ebbe tantissime repliche.

Con loro feci molti spettacoli, tra gli altri “Happy end” di Brecht, testo dal quale Hollywood ricavò poi il film “Bulli e pupe”

Successivamente venni interpellata dal Teatro Stabile di Torino perché Franco Passatore voleva mettere in scena il testo con musiche originali di Sergio Tofano: “L’isola dei pappagalli con Bonaventura prigioniero degli antropofagi”, con le musiche di Nino Rota. Lo portammo in scena nel 1986 al “Festival del teatro per i ragazzi” che ora, purtroppo, non esiste più.

 

“Qual è il testo cui è più legata?”

Sicuramente il “Macbeth” di Eugène Ionesco. L’ho portato in scena nei primi anni ’90 con la regia di Dino Desiata. È stato riconosciuto come una delle rappresentazioni teatrali di Macbeth più belle. Io impersonavo una Lady Macbeth, che, scanzonata, matta e ninfomane, tirava i fili del suo uomo come se fosse stato una marionetta. Un personaggio fantastico. Lo spettacolo era stato musicato da Bruno Coli, un autore genovese che collabora con lo Stabile di Genova.

 

 

 

“Ci parlerebbe della sua esperienza nel doppiaggio?”

Con la nascita della mia bambina Chiara, nel 1996, ho deciso di lasciare per un po’ il teatro. Mi sono dedicata molto di più al doppiaggio, che già facevo dal 1980. Ho doppiato film, telefilm, cartoni animati, serie tv e telenovelas.

Mi piace moltissimo stare dietro al microfono, già nel ‘76 facevo la radio nelle prime radio libere. Ho lavorato moltissimo per Radio Rai per la quale ho recitato in numerosi radiodrammi, ho anche condotto per Radio 2 alcune trasmissioni al mattino.

Per me lavorare col microfono e il “sinc” sono cose semplici.

 

“Qual è stato il primo grande personaggio cui ha prestato la sua voce?”

Il primo personaggio “importante” che ho doppiato è stata la reginetta delle Telenovelas Grecia Colmenares, allora era il simbolo di quelle soap che venivano messe alla berlina dal Trio Solenghi, Marchesini e Lopez. Ho cantato anche alcune sigle.

(ridendo ci dice che questi suo doppiaggi si posso trovare tutti on-line ndr).

Anna Radici con Bellamy Young

 

“E l’ultimo?”

Lo amo tantissimo! Appartiene alla serie tv “Scandal”, che è alla sua settima stagione ma che quest’anno, purtroppo, chiuderà. Io doppio la moglie del Presidente degli Stati Uniti, Mellie Grant, che, a sua volta, è diventata Presidente. Si tratta di un personaggio difficile: bella e difficile. Lei (Bellamy Young ndr) è bravissima e difficilissima da doppiare, ma credo di essere riuscita a diventare la sua voce.

 

“Avvicinandosi la fine dell’intervista, le chiediamo quali siano state le sue ultime realizzazioni”

Nel 2012 sono tornata sul palcoscenico con “Donne dagli occhi grandi”, testo che ho riadattato per il teatro a partire dal romanzo di una scrittrice italo-sudamericana che si chiama Angeles Mastretta. L’ho portato in scena con l’aiuto di alcune ballerine.

 

 

“Parliamo un po’ del suo nuovo spettacolo: “Légàmi”. Ci racconterebbe come è nato?”

Due o tre anni fa una mia conoscente mi chiese di fare qualcosa che riguardasse le emozioni, che fosse legato al mondo della pazzia; io, lì per lì, non conoscendo quel difficile ambito, lasciai perdere. In realtà quell’idea non smise mai di frullarmi nella testa; così cominciai a scrivere la storia di una bambina che nella sua infanzia bella e innocente, vissuta tra orti e corse in bicicletta, conosce la pazzia. Spesso, infatti, va a trovare con sua madre delle persone che vivono in una casa di cura per matti.

La storia è vera, o semi-vera, perché è la mia storia. È la storia di Anna bambina.

 

“Non deve essere stato semplice scrivere una storia tanto personale e al contempo tracciare i diversi profili dei matti”

Ho cominciato a scrivere: questi matti erano bellissimi e io li ho amati tantissimo fin da subito. Mentre scrivevo mi commuovevo per le parole che loro mi facevano scrivere; Anna piccola, dal canto suo, mi faceva ricordare cose che io stessa ho vissuto. Ho scritto con un amore immenso e, ancora adesso, quando lo racconto mi emoziono.

Ciascuno di questi matti era una persona straordinaria.

Stavano in quella villa aspettando che qualcuno venisse a prenderli. Nessuno chiedeva come mai fossero lì; semplicemente raccontavano i loro perché a chi voleva ascoltarli.

Le loro non sono storie di malattia, sono storie di ossessione, di paura, di amore e di rabbia, emozioni che ognuno di noi ha dentro di sé ma che non riesce ad esprimere. I “miei” matti, invece, ci riescono attraverso la poesia. Così è nato un testo che sto portando in scena e si chiama “Légami” o “Legàmi” con entrambe le accentazioni, è facile capire il perché.

Immagini tratte dallo spettacolo Légàmi

 

“Anna è Anna. E i matti?”

Per i “miei” matti ho cercato tra persone di mestiere, però non c’era nessuno che mi soddisfacesse. Poi ho conosciuto dei ragazzi meravigliosi, non sono professionisti ma sono bravissimi; hanno fondato un’associazione teatrale che si chiama: “Via le Sedie”.

È tra questi ragazzi che ho trovato i “miei” matti.

Ne ho chiamati sette: Elisa Benedetto, Federico Clerico, Chiara D’Ingeo (che è anche ballerina), Matilde Frignani, Amedeo Mandrone, Alessandra Minchillo, Marta Romagnoli e Maria Novella Tavano. Anche Ilaria Fucale, che mi ha aiutata a racchiudere le emozioni di Légàmi in video e fotografia, fa parte di “Via le Sedie”.

Tuttavia mancava ancora una “matta”, così ho scelto la ballerina Giorgia Galante, una ragazza che conosco da quando era piccolissima.

Nonostante la loro giovane età hanno saputo entrare in quello che era il mio mondo fino a commuoversi con me durante le prove. Per questo li ringrazio veramente tanto. Non c’è cosa migliore che lavorare con i giovani, da loro si può imparare veramente tanto.

Posso sicuramente dire che la mia missione attuale sia portare avanti Légàmi, con loro.

 

 

“A chi è rivolta questa “missione”?”

A tutti coloro che credono nella poesia e la amano. Credo ci sia molta poesia in questo testo e nella sua atmosfera. Sono fermamente convinta che le persone abbiano bisogno di poesia, di piangere e di commuoversi, oltre che di ridere. Bisogna dar voce alla sensibilità di ognuno di noi.

“Grazie per averci concesso questa intervista”

Grazie a voi, per avermi dato modo di raccontare me stessa e il mio lavoro.