B and B & B : Radio Libertà (Intervista!)

Oggi siamo andati a fare qualche domanda ad Alberto Borgatta, uno dei 3 “B and B & B”, trio musicale di Condove (TO) che ha appena pubblicato il proprio secondo album “Radio Libertà”.. Abbiamo provato a scavare un po’ a fondo per trovare le radici di questo album e allora Alberto ci ha un po’ svelato qualche segreto su questo nuovo album che io ho personalmente apprezzato molto.

“Ciao Alberto! Vuoi presentarci un attimo la band? Chi siete? Come siete nati?”
“Fondamentalmente il gioco è stato semplice, perché siamo io (chitarre, voce, cori), mio fratello Luca (voce, chitarre e cori) e mia sorella Beatrice (voce). Ufficialmente siamo nati la sera del 5 ottobre 2013, quando ci era stato chiesto di riempire 3 ore in una serata organizzata da un’associazione di cui faccio parte, e allora abbiamo suonato io e mio fratello in un duo acustico; l’idea ci è piaciuta, era diversa dalle altre che i vari gruppi della zona proponevano : allora è entrata anche nostra sorella nella band e abbiamo iniziato a fare principalmente cover.”

 

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BGM Photo

 

“Chi ha avuto l’idea dell’album?”
“Abbiamo iniziato a fare delle cose diverse quando un mio vicino di casa, Luciano, ci ha sentiti suonare e ci ha detto : “Bello! Avete mai fatto musiche partigiane?”; noi conoscevamo solo Bella Ciao e le altre classiche; però abbiamo accettato la sua proposta e abbiamo iniziato a fare ricerche sul repertorio partigiano, inaugurando il museo della resistenza a Condove (TO). Da lì abbiamo iniziato a fare un lavoro perfezionando questi lavori legati alla storia ma anche ad altre tematiche come la letteratura, la musica cantautorale e il mondo dei motori, anche con degli spettacoli teatrali. Ognuno di noi ha un ruolo e ciascuno si costruisce un po’ le cose : io mi occupo di monologhi, mio fratello di video, mia sorella dei costumi, delle sceneggiature.. Così è nato il primo disco, Hellequin, ambientato nel medioevo (è un concept album ispirato alla storia di un demone che si impossessa di un ragazzo) e nelle musiche ci siamo ispirati al prog italiano e a tutto quel mondo che aveva ripreso la musica medievale. A marzo 2016 ci hanno chiesto di ufficializzare la cosa delle musiche partigiane ed è nato l’embrione di Radio Libertà.”

 

“Come avete gestito il lavoro dell’album?”
“In realtà Radio Libertà non si chiamava così, perché il collante non esisteva ancora e avevamo un repertorio di canti partigiani che era da arricchire : col tempo ci siamo resi conto che sarebbe stato meglio mescolare i canti della resistenza (partigiani) con quelli che erano stati toccati dalla censura fascista, come se fossero due livelli di resistenza, da una parte una resistenza combattuta sul campo di battaglia e dall’altra una resistenza combattuta sul filo della parola. A poco a poco, siamo stati appoggiati e sostenuti da diverse persone tra i quali nostro padre che, da buon arrangiatore, ci ha dato una mano nella realizzazione del disco. Un altro chitarrista, Beppe “Bip” Gismondi, che ha suonato con diversi artisti tra i quali Ivan Graziani, ci ha aiutato e abbiamo iniziato a costruire così il nucleo; la SPI-CGIL di Torino ha inoltre sostenuto il progetto. Mio padre un giorno mi manda un link della storia di questa “Radio Libertà” : era una radio del Nord Italia che trasmetteva alla gente, ai civili, non solo ai partigiani. Da una parte trasmetteva informazioni della Resistenza (arrivava fino alla Toscana) e poi musica, lettere.. È una radio della nostra zona, del biellese, e trasmetteva musica, leggeva lettere : sembrava di rivedere le radio moderne però in una chiave della guerra di resistenza.
Siamo andati allora a Biella in biblioteca per consultare i fondi della resistenza e abbiamo avuto accesso alle trascrizioni delle trasmissioni. Ci sono degli elementi di testimonianza storica pura, è meraviglioso. Una lettera di un fascista ad esempio denuncia le condizioni delle fabbriche tedesche : lui però era inconsapevole del fatto che quella “fabbrica” fosse un campo di concentramento, quindi si preoccupa delle condizioni degli “operai”. Abbiamo capito che Radio Libertà era la via da seguire e quindi abbiamo unito tutte le canzoni e abbiamo aggiunto delle citazioni per giustificare le nostre scelte musicali che, purtroppo, sono le uniche cose non rimaste della radio.
Visto che la Resistenza è un periodo molto contorto ed ideologizzato nel senso politico, abbiamo voluto considerarla in maniera storica e non politica, non ideologizzata : i canti sono semplicemente rivolti alla gente che voleva essere libera, non ai partigiani di un partito o di un altro.
Il pezzo più recente, come incisione, è del 1943 “il tamburo della banda D’Affori”, scritto da Panzeri, autore di tantissimi brani tra il ’30 e il ’50. Nella fase centrale dice “arriva il tamburo della Banda D’Affori che comanda 550 pifferi” : era stata censurata perché 550 era il numero dei membri del Gran Consiglio del fascismo, quindi il tamburo che li guidava era Mussolini, personaggio che nel brano faceva un po’ di confusione e veniva sbeffeggiato. In ogni canzone siamo riusciti a capire perché siano state censurate : il lavoro non è stato semplice, perché in alcune il motivo è palese, è esplicito, mentre in altre è più nascosto. Quindi abbiamo fatto anche un lavoro un po’ esegetico, filologico : è lì che si è concentrato il lavoro grosso, insieme all’arrangiamento. Abbiamo voluto, infatti, che i pezzi suonassero come i pezzi originali.”

 

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“E dove avete trovato i pezzi originali?”
“Fortunatamente abbiamo trovato delle incisioni : i brani censurati erano quelli radiofonici, Maramao, Pippo, etc… Quindi abbiamo preso le versioni radiofoniche originali, le abbiamo un po’ scomposte e abbiamo tirato su le parti cantate e suonate con tutte le difficoltà del caso, poiché oggi non è molto semplice far suonare oggi un brano di quel periodo (ad esempio i bassi non erano registrati).”
“Certamente, il lavoro in questo senso non è stato così facile..”
“Sì, ancor di più con i canti partigiani, perché spesso erano cori cantati al bar o nelle baite da gruppi di persone, quindi non era facile riarrangiarli e farli suonare bene. In definitiva, i brani completi sono 14, ai quali abbiamo aggiunto una nostra introduzione e una testimonianza importante perché in prima persona, e ci viene da Enrica Morbello Core, detta Fasulìn (in piemontese, fagiolino), una donna di 96 anni che aveva combattuto sopra Condove (staffetta partigiana, donna combattente). Quest’estate, durante una celebrazione a Condove, aveva cantato una canzone in piemontese che abbiamo riarrangiato, dopo che io avevo registrato al cellulare”.
“Qual è un po’ la vostra impostazione strutturale che vi caratterizza?”
“Principalmente noi vogliamo raccontare delle storie, e quello che ci caratterizza è appunto il fatto che ci sia una storia, una storia da raccontare. Da una parte ti rende più facile la vita, da un’altra te la rende più difficile, perché, ad esempio quando abbiamo portato in giro Hellequin, i pezzi slegati avevano meno senso di un disco dove i pezzi sono fini a se stessi. Con Radio Libertà invece stiamo preparando lo spettacolo al contrario : adesso abbiamo le canzoni e faremo in modo di fonderle insieme per raccontare la storia di Radio Libertà. Ma una sfida che ci poniamo è quella di portare in giro anche pezzi sconnessi, senza dover portare sempre con noi il blocco del concept album. Noi abbiamo provato comunque ad interpretare le singole canzoni in una maniera diversa, in modo da poter dare più importanza al senso della canzone, infatti noi ci teniamo molto alla cura del libretto, perché per noi è importante leggere : il libretto è in pratica lo spazio che c’è tra una canzone e l’altra in cui presenti la canzone durante il concerto”.
“Oggi manca la cultura del libretto, forse anche per la grande diffusione della musica in digitale, in cui è spesso assente il libretto dei testi..”
“Sì, è vero, infatti nella nostra promozione online dovremo capire come fare per non far perdere di valore al progetto, ad esempio facendo dei rimandi ben chiari ad esempio al nostro indirizzo internet, in maniera tale che sai, scripta manent.. Secondo me è un lavoro che ha un suo valore proprio storico : la storia di Radio Libertà era dimenticata in un cassetto e quando abbiamo tirato fuori i faldoni, la stessa direttrice della biblioteca ci ha detto che era da anni che nessuno li apriva. E secondo me, soprattutto in una tematica complicata come la Resistenza, è una voce che risolve dei problemi, anche perché non è così facile trovare testimonianza scritta della Resistenza. Un’emittente che nasce per raccontare la lotta di Resistenza alla gente e che scrive il suo lascito, come ad esempio le azioni partigiane descritte come cronaca..”

“Secondo me il vostro disco assume un valore proprio suo soprattutto per il fatto che ci offre un modo alternativo di vedere (e per voi, raccontare) la storia..”
“Sì, anche se Radio Libertà ovviamente è un esempio, perché c’erano anche altre radio che facevano la stessa cosa. Questa però aveva la particolarità che era l’unica rivolta alla gente, perché c’erano tante radio partigiane che trasmettevano tra loro. Addirittura, anche i fascisti rispondevano a delle lettere! La cosa che mi è piaciuta di più è proprio questa sfumatura apolitica, perché diventa difficile pensare ad una resistenza apolitica. Oggi si è abituati a pensare ad una resistenza “non colorata”.. libertà bianca, rossa.. In realtà qui si vuole sottolineare il fatto che un blocco di persone è contro l’oppressione, contro il fascismo, a favore della democrazia : Radio Libertà fa una sua introduzione in cui esplicita che qui la differenza è tra libertà e oppressione. Ce l’hanno coi fascisti e coi nazisti non perché son fascisti e nazisti, ma perché stanno usurpando un principio democratico e la libertà.”

 

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“E’ importante anche pensare a cosa significhi oggi la Resistenza..”
“Sì, vediamo ancora oggi i cicli e i ricicli della storia. Un neonazista ha cercato di vincere in Austria : un neonazista, in Austria. Evidentemente qualcosa non è stata recepita : la lotta di resistenza, a maggior ragione se in questa chiave, ha un’importanza oggi proprio perché ci sono dei messaggi forti, universali, ci sono valori come la pace, la fratellanza, che se tu porti ad Aleppo o a Dresda…Ecco, insomma, l’uomo avrebbe potuto farne tranquillamente a meno. I nostri sono brani che – malgrado il più giovane abbia 73 anni – ancora oggi hanno parecchio da dire. Il nostro disco è stranamente allegro : la nostra paura era quella di stufare e di passare malinconia alla gente. Invece no, è un clima di festa : “Chi sa di combattere per la libertà, non ha spazio per combattere con la tristezza del cuore”, per dirla con una trascrizione di Radio Libertà.”

“Sì, hai ragione, non si può combattere con uno stato d’animo di rassegnazione…  E’ una lotta, non una costatazione di una delusione”
“Quando l’abbiamo pensato, infatti, l’abbiamo pensato non come una montagna sconfinata o un festival di revival ma come una baita in montagna, una saletta dove qualcuno esce una chitarra e tutti iniziano a cantare e a suonare.”

“E a proposito di questo, come avete gestito gli strumenti musicali?”
“Abbiamo utilizzato strumenti tradizionali,  oltre le nostre voci, chitarre, flauto irlandese, strumenti a tastiera e a corda di vari tipi, alcuni costruiti da noi, altri realizzati da amici… Strumenti anche poco utilizzati oggi, proprio adatti a ricreare il clima dell’epoca. Ci siamo adattati alla musica, diversamente da quanto hanno fatto altri gruppi che hanno ripreso i temi della resistenza. È stata una grande ricerca che non è ancora finita, un lavoro continuo di approfondimenti…”

“Se dovessi presentarci una canzone?”
“Vi parlerei dell’unica canzone per cui siamo saltati fuori dagli schemi, composta dopo la 2° guerra mondiale : Oltre il ponte, dal testo di Italo Calvino; l’abbiamo voluta perché è il modo ideale per aprire, una dichiarazione di intenti. Il racconto inizia con una canzone che descrive una persona che racconta, perché vogliamo che sia un continuum : Calvino raccontava la resistenza a chi non l’aveva vissuta, finita la seconda guerra mondiale, con molta umiltà. A questo punto tocca a noi prendere il testimone e raccontare la resistenza anche a più piccoli di noi e questa cosa continuerà, anche perché ad esempio la Partigiana Fasulìn ha 96 anni e pian piano queste cose andranno perse. E invece è giusto che queste cose rimangano, come avevamo già fatto con la prima guerra mondiale : non è necessario celebrare, ma è necessario ricordare, perché celebrazione significa esporsi alle critiche, mentre il ricordo è qualcosa che c’è. Il ricordo puoi pensarlo poi come vuoi, ma sai che c’è, e questo è importante per ricordarsi che la storia è grigia, non bianca, non nera.”

 

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Roberto Testa

 

Roberto Testa

Sono Roberto, un giovane di 20 anni. Studio Storia presso l’Università degli Studi di Torino e Contrabbasso Jazz presso il Conservatorio "G. Verdi" di Torino. La storia è molto probabilmente la passione più grande della mia vita, insieme alla musica, alla filosofia e alla politica..