William Holman Hunt: quando la critica sociale si fa bella

Nel 1848 William Holman Hunt, insieme a Dante Gabriel Rossetti e John Everett Millais, fondò la Confraternita dei Preraffaelliti.

Si tratta di un gruppo solidale di artisti che, rifiutando le regole dettate dall’accademia, si dedica con il proprio inconfondibile stile a una pittura ispirata ai capolavori degli italiani venuti prima di Raffaello, considerati i portavoce del volto più puro dell’arte.

 

Pochi anni dopo, nel 1852, William Holman Hunt dipinge una delle sue opere più celebri: “Il pastore mercenario”.

 

 

A un primo sguardo il dipinto ci può apparire come un’idilliaca scena di genere.

 

La verde campagna inglese, soleggiata e rassicurante ospita due giovani. I protagonisti stanno seduti sull’erba, sono vicinissimi. Il pastore sta per cingere la fanciulla in un abbraccio e lei, ormai in bilico, non riesce a più cedergli.

 

A ben vedere, però, Hunt non ci sta presentando l’incontro tra due ragazzi che, complice la calma del luogo, si abbandonano al proprio amore lontani da sguardi indiscreti e dal severo giudizio morale della società vittoriana.

 

Infatti, venendo meno al compito lui assegnato, smettendo, cioè, di badare al gregge, il pastore tenta di insidiare la fanciulla. Le guance sono arrossate e alla sua cintura pende una piccola borraccia da birra. Due dettagli, questi, che ci fanno chiaramente capire che è ubriaco.

 

Dovremmo, quindi, vedere quest’opera come una critica diretta ai lavoratori impiegati nelle campagne inglesi nell’Epoca Vittoriana?

 

Certo che no! L’intento di Hunt è aprire gli occhi alla borghesia cittadina che è erroneamente convinta del fatto che la vita di campagna sia un idillio bucolico. La campagna, infatti, è comunemente ritenuta il luogo del riposo e della tranquillità, dove le persone semplici vivono in uno stato quasi originario di ordine morale.

 

Il pittore sa bene che non è così e con questo dipinto, così piacevole agli occhi di chi lo osserva, tenta di denunciare una cruda realtà fatta di pessime condizioni di vita, di miseria e di abbandono sociale.

 

Maria Novella Tavano