Roger Waters e i Pink Floyd : tra testi e musica

Febbraio 2010.

Avevo appena 13 anni e prendevo le prime lezioni di basso, quando mio padre, dalla sua stanza, mi chiamò per farmi ascoltare una canzone. Non nascondo che spesso mi sono rifiutato di ascoltare le canzoni da lui proposte (e continuo a farlo), ma quella volta la mia disobbedienza si mise da parte e mi recai nel suo studio.

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Un giro di basso – un riff – piuttosto curioso.
“Ma quando impari a suonare questa?”
“Bella! Ma non è facilissima.. Come si chiama?”
“Money, è dei Pink Floyd”

Per un aspirante bassista che sapeva suonare giusto qualche semplice canzone come Knockin’ On Heaven’s Door (Bob Dylan), Money era un enorme passo in avanti.

Marzo 2010.

Sbirciando tra i dischi di casa, trovai, oltre a The Dark Side Of The Moon (1973, nel quale notai subito Money), The Division Bell : la copertina mi incuriosì, e con una strana felicità lessi il nome del gruppo, un po’ nascosto. Pink Floyd. Da quel giorno capii che la vita spesso ti offre delle coincidenze assurde. E io presi quella coincidenza, quel treno che mi passava davanti e che si era fermato tra le mie mani. Chiamai mio padre per dirgli : “ma questo CD è dei Pink Floyd!” e lui mi fece ascoltare altre canzoni, forse quelle che preferiva. Io però mi soffermai su un altro pezzo che, come potete ben capire, aveva un basso abbastanza evidente : What do you want from me? (anni dopo scoprii che Waters a quei tempi aveva già abbandonato il gruppo).

“Papà, ma chi è il bassista dei Pink Floyd?”
“Roger Waters”
Roger Waters. Quel nome mi suonava familiare in una maniera assurda.

 

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Poi, per una strana coincidenza su un vecchio computer trovai Arnold Lane e Interstellar Overdrive. Rimasi stupefatto da questi due pezzi : Arnold Lane mi era rimasto impresso in mente in una maniera pazzesca, forse perché il nome mi ricordava “Penny Lane”.. Interstellar Overdrive invece mi sembrava un pezzo abbastanza impegnativo da suonare, però mi piaceva tantissimo l’atmosfera che creava e tutti quei suoni e rumori strani generati da quei geniacci del male dei Pink Floyd : era una musica nuova, era un universo completamente sconosciuto.

Ancora una volta, mio padre mi fece ascoltare buona parte dell’album “The Wall”, che aveva registrato in audiocassetta, e lì capii veramente che i Pink Floyd avrebbero fatto parte della mia vita.
Da quel momento, sono andato alla scoperta di tutta la discografia e la storia dei Pink Floyd, tra vinili, cd, internet, documentari e libri…
Ho goduto della bellezza della loro musica, ricercandone tutti i minimi particolari nei miei album preferiti e ho imparato ad apprezzarli anche sotto un altro punto di vista, quello dei testi.

E, guarda caso, quello che nella maggior parte dei casi scriveva i testi era proprio lui, Roger Waters.
“Ispiratore” della via del “concept album” (un progetto che segue delle connessioni armoniche e tematiche che definiscono un excursus musicale, come nell’esemplare caso di The Wall), ha dato, soprattutto con il chitarrista e cantante David Gilmour, una direzione ai Pink Floyd, una linea-guida da seguire che li avrebbe portati alla gloria eterna. Ovviamente, però, era affiancato, oltre che da Gilmour, da uomini come Richard Wright (tastierista, pianista e tanto altro), Nick Mason (batterista) e – fino al limite delle sue possibilità psicofisiche – Syd Barrett : musicisti impeccabili, geniali, originali, pieni di idee, e coraggiosi nell’andare in avanscoperta verso nuove terre inesplorate.

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E’ difficile riassumere l’opera dei Pink Floyd in poche parole, perché è davvero molto variegata e dà uno scorcio verso tantissimi orizzonti di riflessione, sia per quanto riguarda la musica che per i testi.
Sono riusciti a creare uno stile unico, inconfondibile e talvolta indefinibile : se ascolti un loro pezzo senza sapere che è stato scritto loro, capisci che quelli sono i Pink Floyd e basta; c’è poco da fare.
Anche per quanto riguarda i testi scritti da Waters : la poetica è completamente sua, originale, pura, quindi rappresenta un po’ la sua crescita, il suo sviluppo. Lui stesso afferma che in The Dark Side Of The Moon i testi sono “una specie di sfogo dell’età puberale”, mentre il lavoro più impegnativo è stato quello che poi per anni ha continuato a portare in giro : The Wall, l’album della sua vita. The Wall (Pink Floyd, 1979) è appunto l’album watersiano per eccellenza, perché il protagonista è una sorta di suo alter-ego; nella stessa figura del protagonista si può trovare facilmente Roger, soprattutto per quanto riguarda la perdita del padre durante lo sbarco di Anzio nel 1944.

Ad ogni modo, i testi dei Pink Floyd sono abbastanza influenzati dalla sua visione, soprattutto per quanto riguarda la società : le forti critiche al sistema e al consumismo o “dio denaro” in Money vengono poi riprese nell’attacco ai ranghi alti del potere in Pigs (Three different ones) insieme ad altri temi di denuncia sociale, soprattutto per quanto riguarda la guerra (vedi diversi pezzi in The Wall come Goodbye blue sky, Bring the boys back home e anche in The Final Cut con Not now John e nel singolo Leaving Beirut). Anche le diverse riflessioni sulla vita presenti in The Dark Side Of The Moon, come ad esempio Time (il tempo che scorre e non torna più), Brain Damage (l’isolamento, l’alienazione e la follia) o i testi misteriosi dedicati all’amico Barrett, come Shine on You crazy Diamond o addirittura un testo “vacanziero” come San Tropez in Meddle.
E poi tutti gli altri testi delle canzoni meno note, ricchi di tanti significato e di tante allusioni o metafore (cosa che a Waters piaceva fare), pieni talvolta di scherzo e talvolta di amare verità.

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Insomma, Waters non si risparmiava davanti a niente né a nessuno e non aveva assolutamente paura di dire la sua, nonostante le paure e i “mostri” li avesse sempre dentro sé, sin dalla morte del padre. E forse proprio per questo motivo ogni tanto “peccava” di presunzione e spesso voleva un po’ imporsi sugli altri (un’altra ragione poteva essere il fatto che era stato nel ‘66 – con Barrett, che però già nel ’68 aveva lasciato il gruppo – il fondatore dei Pink Floyd) : questo caratterino lo spingerà a diversi litigi con il gruppo che poi lo porteranno nel 1985, dopo la pubblicazione dell’album The Final Cut (1983), ad abbandonare Gilmour e compagni per dedicarsi ai propri progetti da solista.

Il lavoro da solista di Waters non fu particolarmente seguito dalla maggior parte dei fan del gruppo, che restò legata ai Pink Floyd. Infatti, per quanto Roger avesse influenzato il gruppo, non lo aveva completamente monopolizzato e quindi il gruppo godeva di una propria autonomia. Con il passare degli anni i Pink Floyd continueranno a tenere alto il loro nome, vuoi anche per i momenti di gloria di (e dopo) The Dark Side Of The Moon, uno dei dischi più venduti nella storia della musica e per 923 settimane consecutive ha fatto parte della classifica Billboard 200.

Per diversi motivi, la storia dei Pink Floyd – nonostante questi si trovino tra i più alti cieli del paradiso musicale – è più complicata di quella di tanti altri gruppi e sicuramente è cambiata da quando Roger è andato via.
Per fortuna, Roger non è andato via in tutti i sensi : continua ancora, nonostante l’età (classe ’43), a suonare e a portare in giro il suo meraviglioso spettacolo “Roger Waters The Wall” (è uno spettacolo in tutti i sensi, non è solo un concerto) insieme ad altri album da solista e anche qualche nostalgico tema dei Pink Floyd.

La personalità di Waters per me non è mai stata semplice da comprendere, però quando penso a lui mi viene in mente una sua canzone che è quasi una confessione, una serie di “se”, di ipotesi, di desideri o di rimorsi, di rimpianti o di speranze, che mi fanno avvicinare straordinariamente a lui.

E il pezzo è proprio “If”, dall’album “Atom Heart Mother” (Pink Floyd, 1970).

If I were a swan
I’d be gone
If I were a train
I’d be late
And if I were a good man
I’d talk with you more often than I do

If I were to sleep
I could dream
If I were afraid
I could hide
If I go insane
Please don’t put your wires in my brain

If I were the moon
I’d be cool
If I were a rule
I would bend
If I were a good man
I’d understand the spaces between friends

If I were alone
I would cry
And if I were with you
I’d be home and dry
And if I go insane
Will you still let me join in with the game?

If I were a swan
I’d be gone
If I were a train
I’d be late again
If I were a good man
I’d talk with you more often than I do

Traduzione :
Se fossi un cigno
me ne sarei già andato
Se fossi treno
sarei in ritardo
E se fossi buono
Parlerei più spesso con te

Se dormissi
potrei sognare
Se avessi paura
potrei nascondermi
Se dovessi impazzire
per favore, non mettetemi i vostri fili nel cervello

Se fossi luna
sarei freddo
Se fossi una legge
sarei permissivo
Se fossi una brava persona
capirei la distanza che separa gli amici

Se fossi solo
piangerei
Se fossi con te
starei a casa a digiuno
E se dovessi impazzire
Mi lascerete partecipare al gioco?

Se fossi un cigno
me ne andrei
Se fossi un treno
sarei in ritardo, un altra volta,
Se fossi buono
Parlerei più spesso con te.

 

 

Roberto Testa

 

Roberto Testa

Sono Roberto, un giovane di 20 anni. Studio Storia presso l’Università degli Studi di Torino e Contrabbasso Jazz presso il Conservatorio "G. Verdi" di Torino. La storia è molto probabilmente la passione più grande della mia vita, insieme alla musica, alla filosofia e alla politica..