Ritratto di un lettore malinconico

Non è granché sobrio dirlo.
Dirlo a te, poi, che conosco da poche ore casuali e un poco grezze, fiorite un po’ così nel caldo di giugno.
Sarà che mi sei scivolato nella tasca destra in alto senza garbo, senza forse che me ne accorgessi, ma con quella leggerezza da film-che finisce per ferirti, se non ci stai attento come mai sto attenta io.
Saranno i libri in comune, non lo metto in dubbio.
Sarà stato il caldo e la bella giornata.
Sarà che hai il sorriso bello.

Ed ecco che non è granché sobrio dirlo, ma raramente dico e faccio cose sobrie, progettate, razionali, morali, religiose, accettabili e giuste. E quindi hai il sorriso bello, ed è bello quando sorridi. Così.
E se fossi una persona più cauta – come dovrei essere e non sono mai – non oserei dirti che hai quella bellezza di cui solo i vinti sono capaci.

E la limpidezza delle cose deboli.
E la solitudine, perfetta, di chi si è perduto.
E quindi forse tu non sapresti nemmeno mai che hai l’aria da libertà e fantastia sbarazzina di chi ne sa tante e ne vive troppe, e quella delicatezza, quella libertà (l’ho già detto, libertà, ma sarà che mi sai di spirito indomito) e quella rabbia ferina di De Andrè, che è la cosa che forse a lui più ti rassomiglia.

 

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E forse sarebbe meglio se tu non leggessi sempre le stronzate che scrivo, perchè non mi riterresti pazza, non sapresti che ho colto le tue risate e le tue mani stupite quando sfogliavi i libri, mentre dovrei essere più distratta, assai più cauta, meno sentimentale e non tanto romantica come piace a te, e anche a me.
A me poi che non piace mai nessuno, ed è bastato quello spritz in una piazza di marzo e quel tuo modo di cantare a far sì che tu mi piacessi davvero e subito, una notte per gioco.
Non sapresti poi che secondo me sembri uscito da un libro, ma uno di quelli belli, di quelli che sappiamo io e te. Non ho letto i Miserabili, questo è vero, ma so che se lo avessi già fatto è lì che saprei trovarti, mentre ora sei una perfetta bozza di Florentino Ariza, con la stessa caparbietà, quell’aria strana, quell’aria che ti fa di un diverso bello, che non c’entra niente con il resto.

Non c’entri secondo me niente con il resto.

Non sapresti che mi sai di uno che di risposte ne ha tante, eppure continua a farsi domande, ed è lì che risiede la tua bellezza.
Che cammini leggero, e hai gli occhi…
Ecco. Quegli occhi, non sapresti mai quanto mi piacciono quegli occhi che ho fissato a lungo- io che gli sguardi non riesco a sostenerli- come a coglierne un po’ il segreto, perchè non capivo, giuro, non capivo, che c’hanno quegli occhi di strano, quegli occhi un po’ felici ma con garbo, con quella gentilezza nello sfiorare le cose, che secondo me è una follia in germe?
E poi l’ho capita, sai, come un lampo.
L’ho capito quando li hai chinati un istante appena, con quei ricci abbozzati e recisi su una riga qualunque di un libro per perderti, perchè a perderti secondo me sei bravo quanto me.

Sono occhi di malinconia, ecco la tua bellezza.
E poi li hai rialzati, e scoperto il segreto non li ho più sostenuti.

 

La gente cerca la felicità, l’esagerazione, il divertimento per non pensare, per illudersi che andrà sempre meglio, e che il casino è solo un sottofondo da coprire e non una perpetua nennia in cui non c’è una berceuse a consolare, non c’è un’ansa ad accogliere o una qualche casa, ma solo la botte mefitica di paure, che la gente riempie e riempie per non sentire la dolorosa e lancinante verità-
silenzio.
La gente fa così. Non lascia spazi nella sua esistenza, sperando che tutto quello che fa, lavoro, tv, Ikea, Barbara D’Urso e libri scadenti salverà il mondo.
Gli altri cercano una salvezza nelle stelle di plastica e finiscono nelle bocce dei pesci rossi. E non si rendono conto che sul dolore si può atterrare senza immergervisi. Non se ne capacitano, che il vero segreto per soffrirne in un equilibrio dannoso perpetuo e tuttavia salvifico è la melanconia. La melanconia è la vera bellezza, il respiro del mondo, la berceuse e l’ansa che tutti dovrebbero cercare, infine. Pradossalmente, il dolore leggero sa salvare dal disturbo sonoro di fondo del viver gramo.

E tu c’hai..
Tu hai gli occhi pieni di malinconia, che è cosa rara.
Anche se sorridi, soprattutto quando sorridi.
E magari la gente vede quello che vede, occhi spenti e tristi o normali o insulsi anche-Dio solo sa come.
Io ci vedo bellezza, nient’altro che bellezza.
Nei tuoi occhi di malinconia,
bellezza.

Mi hai parlato a lungo di storie prendendo libri su libri da uno scaffale in un attimo da film e libro.
E io, pur non conoscendola, ho rivisto dentro la tua, riletta in un pomeriggio da cartolina conservata e non più stracciata, passata su dei sassi ad analizzarsi con il pudore del garbo, mentre “le anime affini si salutano da lontano”, diceva Schopenhauer, mentre “le anime hanno un loro particolar modo d’intendersi, d’entrare in intimità, fino a darsi del tu, mentre le nostre persone sono tuttavia impacciate nel commercio delle parole comuni, nella schiavitù delle esigenze sociali”, diceva Pirandello.

 

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Ti ho visto in tutte quelle righe che seguivi con l’indice come un bimbo, facendone poi un carme figurato che avrei riletto e riletto da ogni angolatura, cercandone poi il segreto che al fine era tutto nella malinconia dei suddetti occhi marroni- che bello vederci il mare, negli occhi marroni. L’avrei riletto così, per conoscerti. E ci vuole tempo, dicono. E razionalmente sì, ci vuole tempo per sapere che ti piace di sta vita e cosa no, che parolacce dici quando ti arrabbi e se ti arrabbi, quante volte al giorno sogni e quante invece dormi, se ti piace il rosso o il blu o magari l’indaco, la politica o la società, se ti piace baciare e come baci, se ti piace viaggiare, leggere nei treni e  se ti piace .. magari un poco anche io, se hai paura mai o una qualche angoscia, dei tuoi piccoli difetti e delle tue ipocondrie, ci vorrebbe tempo eccome per saper di te e di quella melanconia che c’hai addosso solo tu e che io ricerco da tempo.
Eppure è bastato un qualche libro in comune e un sorriso triste per farmi capire che in quel labirinto strano che sei, io ho trovato il filo di Arianna.

Arianna Mariolini

Mi chiamo Arianna Mariolini (Ary). Sono nata il 6 gennaio 1998 a Clusone, in provicia di Bergamo, ma attualmente risiedo a Pisogne, un bellissimo borgo bresciano. Dal settembre del 2012 frequento il Liceo classico Decio Celeri di Lovere. Le mie principali passioni sono la letteratura e la musica...