Recensione Dark – i segreti di Winden

Dal 1 dicembre 2017 non si fa che parlare di una nuova serie tv: Dark.
Creata da Baran bo Odar e Jantje Friese, con la sceneggiatura da Martin Behnke, Ronny Schalk e Marc O. Seng, e prodotta e distribuita da Netflix, Dark è una nuova serie tedesca che ha subito rapito l’attenzione dei “drogati di serie tv”. Il genere va sul sicuro: un misto fra thriller e fantascientifico, horror e drammatico.

A cura di Silvia Genovese

Noi confidiamo che il tempo sia lineare, che proceda eternamente, uniformemente, verso l’infinito. Ma la distinzione fra passato, presente e futuro è solo un’illusione. Ieri, oggi e domani non sono consecutivi, sono collegati in un cerchio continuo. Tutto è collegato.

TRAMA

Winden, 2019.
Nella piccola città tedesca scompaiono due ragazzini. Il fatto riporta alla luce altre scomparse e avvenimenti misteriosi risalenti al 1986. Così riemergono vicende e drammatici segreti fra quattro famiglie locali, impegnate nella ricerca dei ragazzini e delle risposte ad alcune domande sulle loro vite. L’indagine porterà a scoperte soprannaturali ed incredibili, e svelerà il complicato meccanismo che guida le vite dei protagonisti.
La trama parte da una base sicura: la scomparsa di alcuni ragazzini, appunto. Per alcuni un inizio di trama già visto. Basti pensare a Stranger Things. L’inizio ricorda infatti la serie ormai cult, mista all’atmosfera di un’altra grande produzione Netflix, the OA, e di Lost.

OLTRE I RIFERIMENTI

Le prime due puntate della stagione si muovono fra i rimandi sopracitati in modo palese, stessa atmosfera, avvenimenti simili, con un filo logico difficile da seguire, nonché riferimenti ben precisi (in particolare a Stranger Things). Gli autori di Dark sanno come attirare l’attenzione.
Ma dalla terza puntata in poi la serie cambia. L’atmosfera non è più esattamente la stessa. I riferimenti rimangono, ma la sensazione non è più uguale. C’è un’ansia più sottile che non è più guidata dalla domanda “cosa di brutto succederà”. Il brivido di “paura” iniziale si trasforma in quella che è tensione e curiosità. Ma curiosità vera, autentica, desiderio di capire cosa si sta guardando, dove andrà a finire questo filo rosso intricatissimo che è lo snodo della storia. C’è un’ansia di scoperta che è diversa dalle altre serie tv già viste.

IL MECCANISMO PERFETTO

La storia inizia a svelarsi, mai in modo banale. Il tutto è un meccanismo complicato e intricato, sviluppato in modo pressoché perfetto. Niente di sbagliato, e se ci sono delle falle sono praticamente invisibili. I personaggi sono costruiti in modo dettagliato, e, seppur tanti, le loro storie sono seguibili, perché la costruzione della narrazione non lascia il tempo (né la facoltà) di distrarsi. La fotografia e la musica (con una menzione particolare a Goodbye di Apparat in sigla), molto simili a quelle di altre serie del genere, creano perfettamente la tensione, e la mantengono. Il ritmo della narrazione è spesso calmo, a volte estremamente frenetico. Chi guarda è portato a poco a poco alla scoperta della città di Winden e dei suoi abitanti. La storia si snoda incuneandosi nei i legami fra varie famiglie: la famiglia Kahnwald, la famiglia Nielsen, la famiglia Doppler e la famiglia Tiedemann. A queste si aggiungono alcuni personaggi principali e non.
La storia inizia con mille segreti, collegamenti all’apparenza indecifrabili, sviluppandosi man mano sempre di più e allargando di episodio in episodio la vista “ad imbuto”, ad abbracciare nuovi personaggi, nuove storie, nuovi momenti temporali.
E’ infatti questa una delle particolarità della trama: essa parte a svilupparsi nel 2019, ma non è questo l’unico riferimento temporale. La visione ristretta dei fatti risalenti a quel dato periodo si amplia e include, man mano sempre più in profondità, dettagli precedenti alla linea iniziale. E’ così che il tempo si mescola ordinatamente, mettendo sullo stesso piano i tre livelli temporali nei quali la storia si svolge, aiutando la narrazione ad aprirsi e svelarsi allo spettatore.
Questa serie “prende” dalla prima puntata, ma dalla terza in poi risulta impossibile staccarsi. La storia stupisce, colpisce, spaventa, tiene aggrappato chi la guarda sempre più stretto.
Dark è una di quelle serie per le quali al binge watching è difficile sottrarsi.
I dieci episodi durano circa 50 minuti, ma guardandoli sembra che il tempo non scorra mai, che si fermi.

Il nostro pensiero è dominato dal dualismo. L’entrata e l’uscita. Il bianco e il nero. Il bene e il male. Sembrano tutte coppie opposte, ma è sbagliato. Hai mai sentito parlare della triquetra? Il nodo trinitario. Nulla è completo senza una terza dimensione. Non esistono solo il sopra e il sotto, esiste anche il centro.

Dark ha in un solo mese fatto parlare di sé e il suo successo ha già portato all’annuncio del rinnovo per la seconda stagione.

Sebbene i riferimenti siano chiari (almeno inizialmente in modo evidente), non c’è modo di
spiegarla senza guardarla. Infatti la trama originale, la narrazione perfettamente costruita e la tensione
costantemente alta la rendono una serie che alle altre rende omaggio, ma che da esse è totalmente diversa, e
che solamente da se stessa prenderà, nel tempo, tutto il credito che si merita.

Qui il trailer in italiano: