Perdermi per seguirti

Non so se sono ancora capace di scrivere. Non ho più scritto nulla, ultimamente. Il tuo volto, la tua fisionomia, le linee delicato del tuo profilo da bambino si confondono tra le righe che vanno districandosi sui fogli, e io perdo il filo, anche se Arianna il filo non lo dovrebbe perdere, no? Come d’altronde un uomo labirintico come te non avrebbe bisogno di nulla se non della sua Arianna.

Non so se sono ancora capace di scrivere, e vorrei tanto che le parole mi scorressero ancora nelle vene e si accalcassero nelle dita, impazienti di mutarsi in inchiostro, avide di sguardi lettori.

Forse, tornerò a scrivere molto.

Ecco, sento già che lo farò, sento già che lo sto facendo ora, voglio dire, potremmo mai definire questo pasticcio e rovo spinoso di pensieri un nuovo inizio?

E per scrivere bisogna aver amato, sofferto, bisogna avere la cisterna delle esperienze piena, la capacità di farsi male, del sangue di spina per prendere la rosa, delle brutture più recondite messe in superficie, come fiore all’occhiello.

Potrei svuotare la mia cisterna, che tu con cura, con avidità e fame, hai dolorosamente riempito.

Potrei iniziare ora, che dici?

 

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/1c/Auguste_Renoir_-_Lovers_-_Google_Art_Project.jpg
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Mi chiedi se ti amo. Ti ho amato, certo che ti ho amato. Ti ho sempre amato, sempre ovvero dalla mia seconda nascita, quando mi liberasti la fronte dai ghiaccioli che raccolsi traversando l’alte nubolose, con le penne lacerate dai cicloni. Ma non credo di averti mai amato davvero, se non ora, ora che ti odio. L’amore non è amore se non comprende e non conosce rabbia, le bruttezze umane che ci rendono nell’inconscio belve allo stato brado, ossessioni e paure, addii e riprese. Ti amo perché, seppur vi sia fatica, so andare oltre l’odio che provo per te. Oltre la rabbia. Oltre te. Perché ti conosco. Perché ho capito chi sei. Perché quasi con una sadica cura mi ferisci, attento a dove colpire, precisione di un bersagliere, meticolosità di un chirurgo. Lo hai fatto, lo fai, lo farai sempre. Eppure sono qui, e penso che essere qui come Samuele Bersani a dirti “ti ho detto di mirare,l’amore spacca il cuore, spara amore” sia in un certo senso un folle e malato amore.

Prima era diverso, chissà se rimembri ancora quel tempo.

Prima eri la mia Beatrice. Ah, quanto eri sublimato, osannato, innalzato, quanto miravo la tua figura, arte irraggiungibile da Canova stesso, quanto il tuo procedere, che dava per gli occhi “una dolcezza al cor che intender non la può chi non la prova”.

Carezzavo, ricordi, la tua immagine nelle bruttezze del mio animo, nelle tenebre della notte, e la tua forma diveniva per me fuga dal reale, ideale neoclassico, armonioso, dolce e rassicurante, e insieme preromantico, selvaggio, tenebroso, tempesta accattivante e sconvolgente, indomito. Eri un’utopia e un altro mondo.

Non eri certo te che amavo, no, bensì la tua immagine, l’idea che avevo di te, di cui non potevo fare a meno. Eri un libro che mi piaceva, la mia canzone preferita, un’aria di Mozart, quella che ogni sera ascolto per addormentarmi.

Sublime, certo, ma qualcosa che non mi apparteneva davvero, un ideale falso e per questo inquietante, lontano, come qualcosa in cui mi immergevo.

 

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Come se mi gettassi sempre in un mare con il desiderio di essere un pesce e di rimanervi sempre, tra le meraviglie degli abissi, con il sole che dalla terra brucia e fa male, mentre dalle profondità è solo una lontana luce, vana preoccupazione.

Ti ho amato, certo, se questa è la tua idea d’amore. Ma la mia sento che è mutata.

Non mi è più bastato figurarti nei protagonisti dei miei libri, parlare di te, scrivere di te, dipingere il contorno dei tuoi occhi nel nero della notte, con un carboncino nero per aria.
Ho deciso di rischiare. Di togliere il falso inquietante e di svelarti. Togliere il velo e scoprire il reale nell’ideale.
Eri una Grazia di Foscolo, in principio. Portatore di bellezza, armonia, dell’idilliaco, di ideale, di pace non esistente ma rassicurante.

Ed ecco che tolsi il velo.

Erinni, ecco cosa scoprii. Una bellezza inquietante e tuttavia presente, da sventrare e riportare alla luce, nascosta ma viva. E Sirena, con una voce melodiosa, che mi tratteneva con un egoismo pauroso. E non c’era albero maestro a cui legarmi, nulla, ma, abbandonato il desiderio di una fuga verso il non ritorno, arresa al tuo desiderio di tenermi con te. Lo stesso furor amoris di Medea e Didone. Ti si leggeva negli occhi la tua dipendenza da me, più di quanto io avessi bisogno davvero di te. Perdermi per imparare a seguire e seguirti. E ce l’ho fatta. Ho perso davvero me stessa, per te, per poi finire in una selva oscura, chè la diritta via era smarrita, o forse mai veramente esistita. La tua ingenuità disarmante, la tua incapacità di pensare alle conseguenze, il tuo odio verso le responsabilità. Se sono io una modestissima mediatrice (e nemmeno tanto capace) tra il mondo reale (in cui “non sai vivere Arianna”) e il mondo ideale (fatto per me di carta), tu ti rifiuti, anzi odi i compromessi: solo ideale, solo favola la tua vita, solo un mondo che hai creato per fuggire a quello reale, un mondo in cui vuoi trattenermi con splendide promesse. Calipso, l’immortalità è allettante, ma non senti la brezza di Itaca che mi richiama? Il desiderio di nostos che preme, incessante, nel petto?

Ti amo? Certo che ti amo. Amo te, che nelle tue mostruosità tanto reali, vivi solo di ideale. Te che hai i veli tolti, te che mi leghi, te che mi rendi casa Ogigia, te che mi porteresti nel mondo di ideale per sempre, quando in realtà le sofferenze e le conseguenze non si sfuggono, e a dirla tutta non le aborro, anzi.

Vederle in te è  già rassicurante, a ricordarmi che non tutto è idilliaco e perfetto, nemmeno i libri, testimoni spesso di sofferenze e bruttezze.

 

http://www.occhiofantastico.it/zenphoto/cache/omero/nausicaa-incontra-odisseo_595.jpg
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Ma davvero potrei restare con te, che stimoli l’arte, e sei Grazia, Erinni, Sirena, Medea, Didone, che sei arte, che non devi essere compresa, ma lasciare un segno?
Davvero è minore la conseguenza di stare con te, rispetto a tutte le altre in un mondo che non è solo teorico e ipotetico?

Ti ho amato, e ho avuto coraggio.

Mi domando se ne avrò ancora, o se il richiamo a voler ritrovare me stessa sarà più forte.

Più forte la brama di uscir a riveder le stelle..

 

 

Arianna Mariolini

 

Arianna Mariolini

Mi chiamo Arianna Mariolini (Ary). Sono nata il 6 gennaio 1998 a Clusone, in provicia di Bergamo, ma attualmente risiedo a Pisogne, un bellissimo borgo bresciano. Dal settembre del 2012 frequento il Liceo classico Decio Celeri di Lovere. Le mie principali passioni sono la letteratura e la musica...