Paul McCartney e le gemme di Revolver
Qualcuno potrebbe iniziare a parlare di una leggenda metropolitana.
No.
Cosa accadde in quell’anno?
Sostanzialmente i Beatles rischiarono la vita nelle Filippine per aver negato una colazione al Primo Ministro Imelda Marcos, il commento di Lennon “we’re more popular than Jesus now” venne istericamente e violentemente male interpretato dalla stampa e dal pubblico americano e il 29 agosto si tenne a Candlestick Park, San Francisco quello che sarebbe stato l’ultimo concerto dei Beatles.
Ma pochi mesi prima, da aprile a giugno, il quartetto di Liverpool si riunì per lavorare sul loro settimo album, Revolver, sul quale Paul McCartney semplicemente compose e registrò tre capolavori della musica leggera:
‘Eleanor Rigby’, ‘Here, There and Everywhere’ e ‘For No One’.
Rispettivamente la prima canzone pop a trattare di solitudine e morte, la canzone d’amore preferita da John Lennon e la ‘break-up song’ più bella e struggente di sempre.
All the lonely people
Where do they all come from?
All the lonely people
Where do they all belong?
Non è facile immaginare lo shock degli ascoltatori nel ’66 al primo ascolto di Eleanor Rigby. Quattro violini, due viole e due violoncelli, una voce solista che canta di solitudine, cori e niente più. Nulla di simile era stato mai ascoltato nella cultura pop.
Eleanor Rigby che raccoglie il riso in una chiesa dove si è appena celebrato un matrimonio e Father McKenzie che scrive i versi di un sermone che nessuno ascolterà raffigurano il nostalgico e inconsolabile isolamento di tutte le persone sole. Triste è il destino di Eleanor, che alla fine trova compagnia nella fredda pietra della sua tomba, ma più straziante è la sorte del reverendo McKenzie, rimasto in vita e solo.
To lead a better life I need my love to be here
Di tutt’altra impronta è Here, There and Everywhere, dolcissima e romantica ballata scritta da McCartney a casa di Lennon.
Forse la canzone d’amore perfetta.
Sicuramente la canzone d’amore per eccellenza del repertorio beatlesiano.
Impeccabile nella costruzione melodica, come tutti i capolavori di McCartney, e perfetta nella struttura armonica, la canzone trae ispirazione da God Only Knows, brano dei Beach Boys contenuto inPet Sounds. McCartney e Brian Wilson, geniale mente dei Beach Boys, si influenzarono a vicenda numerose volte, specialmente negli anni di Rubber Soul, Pet Sounds e Revolver, con le canzoni di uno a motivare l’altro a fare di meglio.
And in her eyes, you see nothing
No sign of love behind the tears
Cried for no one
A love that should have lasted years
For No One è la decima traccia di Revolver. In poco più di due minuti è condensata la fine di una storia d’amore, forse ispirata alla relazione di McCartney con l’attrice Jane Asher.
Il passaggio alternato, quasi cinematografico, tra il punto di vista maschile e quello femminile rende il racconto distaccato e freddo, ma è più facile per l’ascoltatore immedesimarsi e renderlo proprio.
Il clavicordo suonato da McCartney modella le sonorità barocche del brano, arricchito da un magnifico assolo di corno francese, mentre la triste melodia è accompagnata dalla emozionante sequenza discendente di accordi. E’ la canzone più struggente, cupa e straziante di McCartney, ed è magnifica.
E forse in questo si cela la magia dei Beatles. Non tanto tonalità, armonie, note, pause e silenzi, quanto quel turbinio di emozioni che non riesci a spiegare ma che puoi solo sperimentare e accogliere dentro di te.
Cosa successe quindi a Paul McCartney nel 1966 non è lecito sapere.
Certo è che in Revolver ci regalò tre gemme di pura bellezza e si elevò ad una livello di maestria nella composizione musicale mai visto prima, pronto a brillare ancora di lì a poco in un album chiamato Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band.
Ma questa è un’altra storia.
O forse un altro articolo.
di Giacomo Falcone