Meddle : l’eco dei Pink Floyd

Agosto 1971, EMI Studios, Abbey Road, Londra.

Ma questa volta, i padroni di Abbey Road non sono i Beatles.

Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason, Rick Wright. 4 uomini riassunti in due semplici nomi : Pink Floyd.

 

A cura di Roberto Testa

òccc

E’ da poco finito il loro tour psichedelico, o meglio, la loro colazione psichedelica all’interno della grande landa verde di Atom Heart Mother, con mucche pascolanti e grassi soli un po’ vecchiotti.

Seduti lì, in quelle sale londinesi, pensano un po’ alla costituzione della prossima creatura da tirare fuori dalle loro menti. Ora, chiudete gli occhi e iniziate ad immaginare la scena.

Ah, e se volete, premete play qui : durerà per tutto il tempo.


Roger prende un basso e inizia a picchiare, un riff duro e ripetitivo, ostinato, una singola nota inizialmente. Rick gli va dietro, sotto i colpi di piatti di Mason, con le sue mitiche tastiere, come ad anticipare l’ingresso di qualcuno… Quello che si ricava è un grandissimo momento di suspance, molto forte, è One of these days (“Uno di questi giorni”).. Ed entra anche la seconda nota, un tono sotto la prima.. E si alternano per un po’.. Gilmour, messo un po’ da parte, inizia a scherzare con la chitarra, tra note basse e qualche acuto un po’ timido inizialmente. Mason continua a dare colpi sui piatti e beccare i tom senza alcun problema. Ad un certo punto la musica si ferma, Waters si diverte a giocare con il delay e Gilmour gli sta dietro con quei suoni allucinanti, accompagnato dall’onnipresente Wright. Dal nulla, poi, Mason pronuncia, con una voce profonda e graffiante  : “One of these days I’m going to cut you into little pieces” e via, si scatena l’inferno, su una base sempre costante i Pink Floyd, con la “colonna Wright” seguono un bel giro che poi li porta al pezzo successivo. Ma all’improvviso, un vento che viene da lontano li porta via, anche se non è poi così forte (come ad esempio lo era quello dei Beatles alla fine di I want you).. Il vento, insieme all’eco – e più in generale, i suoni della natura – sarà tra gli elementi dominanti dell’intero album.

Il brano successivo è di una delicatezza immane..Gilmour con la steel guitar dà vita a dei suoni dolcissimi, accompagnato da una chitarra arpeggiante in sottofondo, davvero pulita : è A Pillow of Winds (“Un  cuscino di venti”), un brano un po’ malinconico cantato dallo stesso Gilmour. Waters, con un basso molto stabile, resta per quasi tutto il brano sulla stessa nota che, leggermente, fa da contorno al pezzo.

And deep beneath the ground the early morning sounds

And I go down

Sleeping time when I lie with my love by my side

And she’s breathing low

In the haze when the first rays touch the sky

And the night winds die

E profondi, sotto terra, i rumori del mattino,

ed io mi abbandono

Un momento sonnacchioso, quando giaccio a fianco del mio amore

e lei respira piano

ed io mi desto come un uccello nella nebbia

quando i primi raggi sfiorano il cielo

e le brezze notturne muoiono

pillos

Un po’ più allegra e spensierata è Fearless (“Senza paura”), accompagnata (sia all’inizio che alla fine) da un coro di tifosi : è “you’ll never walk alone”, coro simbolico della tifoseria del Liverpool, squadra inglese, i cosiddetti “Reds”. E’ un brano quasi in acustico, chitarra elettrica, basso, qualche piccolissimo accenno di tastiera e batteria. In sol maggiore si va tranquilli, infatti si sente spesso risuonare parte della scala, che crea quasi un riff (ascendente, da Si a Sol) che poi va in fade out e si dissolve, miscelandosi con il coro dei tifosi del Liverpool, tra gli applausi e i fischi. Il tocco di Gilmour è riconoscibile, molto leggero ma evidente, ogni nota viene messa in risalto ma con la giusta intensità. Il suono di Waters è invece presente sempre, ma non è mai messo in risalto, probabilmente per l’intenzione di far sentire di più le chitarre, che prendono in questo caso note più acute.

Fearlessly the idiot faced the crowd, smiling

Merciless the magistrate turns round, frowning

And who’s the fool who wears the crown?

Senza paura l’idiota affronta la folla, sorridendo

Senza pietà il giudice si volta, accigliato,

E chi è il pazzo che indossa la corona?

fear

Pezzo successivo, forse un po’ separato dagli altri, è San Tropez, scritto solamente da Waters, infatti possiamo bene notare in che modo il basso sia già più evidente e giri attorno agli accordi e ai suoni di Gilmour. Anche questo pezzo è piuttosto tranquillo, ci porta quasi in un’atmosfera da bar o da locale in cui si suona musica, un po’ più jazzata per il piano di Wright, che ci delizia con un assolo abbastanza semplice ma che tocca, passando dalle note più gravi a quelle più acute, con qualche piccola svisata.

And you’re leading me down to the place by the sea

I hear your soft voice calling to me

Making a date for later by phone

And if you’re alone, I’ll come back.

E mi stai conducendo in un posto vicino al mare,
Sento la tua voce morbida che mi chiama,

e fissa un appuntamento a dopo, per telefono

se sei solo, tornerò a casa

sant trope

E poi Seamus, con una delle novità più particolari dell’album : il cane di Gilmour che canta. Sì, non sto scherzando, il cane abbaia sotto gli accordi di un bel giro blues di chitarra e basso, mentre il padrone probabilmente lo accarezza, stessa cosa che succederà a Pompei nel mitico live all’interno dell’anfiteatro : protagonista, però stavolta sarà un altro pezzo, Mademoiselle Nobs (Guarda il video qui). Ancora una volta possiamo ascoltare qui gli assoli in sottofondo di pianoforte di Wright, che aveva un gran senso del ritmo e dell’improvvisazione.

I was in the kitchen

Seamus, that’s the dog, was outside

Stavo in cucina,

Seamus, il cane, era là fuori

seamus

Ed è proprio Rick che dà il via al pezzo successivo, l’ultimo.

Seduto lì, davanti al pianoforte, becca una nota a caso, un Si e si va in paradiso a morire in pace. Probabilmente ha dato vita ad uno dei pezzi più belli, una “suite”, la mitica Echoes. Ma non perdiamo il momento…ascoltiamo bene quella nota, che riecheggerà per un po’, e probabilmente proprio da lì deriverà il nome di Echoes. Un ricamo meraviglioso e paradisiaco di Gilmour, dietro le altre note in un arpeggiato un po’ lento e dolce (anche esso molto echeggiante), anticipa l’ingresso di quelle voci quasi celestiali dei due membri già citati. Wright la parte alta, Gil la parte bassa, anzi, no, si mischiano un po’ e scivolano tranquillamente, in un’armonia afrodisiaca.

Overhead the albatross hangs motionless upon the air

And deep beneath the rolling waves

In labyrinths of coral caves

The echo of a distant time

Comes willowing across the sand

And everything is green and submarine

In alto l’albatro sta immobile sospeso nell’aria

e giù nel profondo dei flutti

in labirinti di caverne coralline

l’eco di un tempo remoto giunge

tremante attraverso le sabbie

ed ogni cosa è verde e sott’acqua

meddle

E poi una leggerissima distorsione di Gilmour in un piccolo riff alla fine della prima strofa (così come dopo la seconda e la terza), in mezzo ad un mare di suoni, una condizione quasi “sottomarina”, in un ambiente dal suono splendido, circondato da un qualcosa di fantastico. E qui, sfida tra i due membri a chi riesce a toccare più dolcemente le corde nel più profondo del nostro cuore. Waters e Mason invece, per un bel po’ fanno da base, mantengono il tempo e il ritmo, ma dopo 5 minuti escono allo scoperto, con un giro un po’ funky (che poi verrà ripreso anche, in qualche maniera, in Shine On You Crazy Diamond) di basso e batteria, stavolta condito e decorato alternatamente da Gil e Rick, che si sbizzarriscono creando suoni incantevoli. Stratocaster e Farfisa (rispettivamente chitarra di Gilmour e organetto di Wright) se la battono, un po’ prevale il primo, un po’ il secondo, sempre sotto la costante e fedele base di basso e batteria. Poi non si capisce esattamente cosa stia succedendo, insomma, dei suoni molto strani, tra tastiere e chitarra, entrano in gioco..Un vento, dei gabbiani, l’eco quasi del mare. E’ come se ci trovassimo su un lungomare, su una spiaggia, all’inizio di settembre, quando proprio il sole sta andando via, i gabbiani si ritirano e si sente l’avanzare della stagione autunnale. Gilmour crea veramente dei gabbiani con la sua chitarra, per quanto voi non ci possiate credere : sistema un po’ al contrario il suo effetto wah-wah del “Cry Baby” e fa un po’ fischiare la chitarra (ma in maniera pulita e onirica). Ora bisogna chiudere ancora di più gli occhi e lasciarsi trasportare da questi suoni che sono più che psichedelici….realistici proprio. In questo caso hanno trasportato la natura all’interno delle sale studio e sono rimasti lì a guardarla, cercando di riprodurla in ogni maniera. E, a mio parere, ci sono riusciti. Poi via, inizialmente con due note di tastiera che si alternano : ma è proprio da lì, da due semplici accordi che parte tutto il lavoro floydiano; un pezzo di gruppo, ognuno mette la sua parte. Un pezzo che apprezzo, sono delle note acute prese da Gilmour ripetutamente, quasi in maniera ciclica, che si inseguono, anche con l’aiuto di un delay, l’una con l’altra. E poi si ritorna, dopo un vortice di note, all’ultima strofa..

Cloudless everyday you fall upon my waking eyes

Inviting and inciting me to rise

And through the window in the wall

Come streaming in on sunlight wings

A million bright ambassadors of morning

Serena ogni giorno ti mostri

ai miei occhi che si destano

m’inviti guardandomi ad alzarmi

e dal muro attraverso la finestra

arrivano ondeggiando su ali di raggi di sole

un milione di ambasciatori splendenti del mattino

echoes

.. E’ la tranquillità che ritorna con l’armonia delle due voci, poi una piccola esplosione di suoni e si riprende con il magico miscuglio di note. Stavolta dura un po’ di meno ed è ancora più guidato da Gilmour, con diverse chitarre, sempre la solita distorsione non troppo “grezza” e poi si va un po’ a forzare, ad aumentare il numero di note, quasi come se si volesse velocizzare un po’ la roba. Si conclude tutto di nuovo con una calma immane, Wrigth becca nuovamente quel “Si” iniziale, con la stessa naturalezza di 20 minuti prima, accompagnata dalla base di ride, rullante e cassa di Mason, dal giro di basso di Waters e dal solito intreccio di note tra lo stesso Rick e Gilmour, finito poi in sfumatura e avvolto da un coro ciclico e da quei suoni mistici che ci consentono di restare lì ancora un po’ ad ascoltarla, e magari ci spingono ad alzare la puntina dal disco e girare lato per cambiare, o forse a premere stop e a riavviare il cd, o magari, a contemplare in assoluto silenzio la bellezza e la maestosità di questa musica; o magari, ancora, godervi il mitico Live at Pompeii.

 

One thought on “Meddle : l’eco dei Pink Floyd

  • 19 Maggio 2017 alle 13:31
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    Grazie! È uno dei miei articoli preferiti, mi fa davvero piacere che qualcuno apprezzi!

     

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