Mantova Lectures – La mappa della metropolitana di Londra

A cura di Arianna Mariolini

 

Il treno che sfreccia, se solo un treno sfrecciasse.
8 di mattina, sonno arretrato, occhiaie e qualche capello a posto, il resto si disperde.
Il treno di mattina alle 8, e un libro in mano, l’Alcesti Euripidea.
Mi viene in mente una sua frase di uno dei primi libri che ho letto di quest’uomo pazzo, pazzo con la zeta sorda, come la pronuncia lui-chè non la sa pronunciare.
“Sui treni, per salvarsi, leggevano.”
Castelli di Rabbia, 1991, Alessandro Baricco.

Sto scrivendo un sacco di Barnum originali, ultimamente. Non nel senso che spiccano per novità o altro, ma piuttosto riprendono la concezione originaria di Baricco riguardo ai Barnum quali pezzi di meraviglia, quella meraviglia che trovi nel quotidiano o ancor più volentieri viaggiando, scoprendo, esplorando.
Ancora una sono in viaggio verso di lui, l’uomo pazzo, Alessandro Baricco.
E, quindi
leggendo per salvarmi su un treno Alcesti, 8 di mattina, direzione Brescia,
Mantova Lectures.
Oh yes.

La conferenza si articolava in tre viaggi. Bellissimi.
Mattina: Conferenza sulla mappa della metropolitana di Londra, e quindi, sulla verità.
Pomeriggio: Su Alessandro Magno, e dunque, sulla narrazione.
Sera: Sulla “Deposizione” di Van Der Weyden, ovvero sulla felicità.

Io ho deciso di andare (solo a quella, per motivi di studio e di budget) alla prima. Non tanto per saltare scuola, nè solamente perchè mi avevano raccontato dell’interpretazione finale de “L’infinito”, che io amo.
Ma piuttosto per un motivo stupidissimo e tuttavia necessario.
Io ora ricerco verità.
Non mi sono mai piaciute tanto, le verità.
Mi pasco di illusioni.
Ma so che l’unico uomo che potrà farmele comprendere e farle divenire mie è lui.
Baricco.

Teatro Grande.
Biglietteria, poco prima di entrare.
E’ un episodio personale e forse per voi banale, ma per un po’ m’ha fatto tremare vene e polsi.
Ed è stata meraviglia dolce, stupida e grezza, e quindi un Barnum minuscolo ed emozionante, a modo suo.
Sto aspettando di ritirare il biglietto. E diciamocelo, dittelo Arianna, speriamo davvero che non ti veda nessuno con queste occhiaie e qualche capello a posto.
Il resto, si disperde.
Certo Ary che un po’ di eleganza, un minimo.. E invece niente, il solito disastro, con vestiti larghi per nascondermi e occhi accesi più che mai.
Speriamo non mi veda nessuno.
E invece sulla sinistra arriva un uomo.
Me ne accorgo un secondo dopo, quando mi passa davanti, quasi sfiorandomi, ingombrante ed inadatta come solo io sono.
Sciarpa, cappotto, libri sotto braccio, uno, bellissimo.
Capelli brizzolati, passo veloce e più allegro dell’ultima volta che l’ho visto.
Più felice di far conferenze che di firmare i miei mille libri.
Alessandro Baricco. Entra in biglietteria.
Che, ad immaginarmelo, avrà chiesto da dove si entrasse.
Perchè tu sei Baricco, devi tenere una conferenza, anzi tre, verranno ad ascoltare il tuo decantare in massa e tu con una nonchalance invidiabile mi passi davanti e “Scusate, ma da dove cazzo si entra?”.
Sicuramente avrai detto così.
Poi esci, perchè non ti basta stramortirmi una sola volta. Esci e ti blocchi giusto quel secondo davanti a me.
Io sorrido, o almeno accenno una roba schifosamente dolce.
Tu sorridi.
Com’è vestita, sta qui.
Che occhiaie, qualche capello a posto, il resto si disperde.
Sorridi.
“Buongiorno”.
Sorridi.
Vai.
Lasci un profumo buono. Di animale braccato.
Lasci una bella sensazione. Euforia in me, che mi sento la tredicenne di turno. Sempre troppo fragile per vivere, troppo viva per morire.
Per la cronaca, non sono riuscita a spiaccicare parola, nei miei vestiti giganti.

 

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Bellissimo. Sembrava di vedere Novecento al pianoforte, con quelle note che da sempre erano le sue e lì, su quella tastiera.
Sembrava il tuo ambiente, e quelle parole erano sempre state le tue, e tu hai deciso di regalarmele un po’.
Con quello sfondo blu, la tua scrivania, e le mappe che hai proiettato, bellissimo.
C’avevi quella bella meraviglia negli occhi, te li leggevo anche a 8 file di distanza, posto 169.
La meraviglia della bellezza.
Punto di partenza: Henry Beck, il disegnatore della mappa della metropolitana di Londra. E tu con ironia, amore, amore, amore, garbo, riesci a spiegare quanta bellezza c’è, ed esigenza umana, nelle mappe.
Illusioni. L’illusioni di poter inglobare il mondo, il caos, il molteplice che ci uccide in qualche linea.
E forse Henry, con quelle scelte fuori dall’ordinario, illogiche, con quelle superfici abolite, le curve di 90° o 45°, non altro, se non 45°+90°, con quelle distanze tra le stazioni uguali, ci è riuscito più di tutti.
Le hai definite più finzioni, falsità, scelte idiote che unite danno la percezione bellissima di verità.
Ti è piaciuto da pazzi con la zeta sorda far scorrere le due mappe, una, due, una, due, quella prima, del caos, quella di Beck, dell’ordine.
Caos, sospiro di sollievo e poi caos.
Secondo me, Baricco, a te piaceva da pazzi quella del caos.
La tua mente ha tratto molteplici sospiri di sollievo a quella dominata dall’indicibile.
Tu non puoi non volere il caos.
Io neppure. Ci piace da matti quell’inferno sottopelle, nonostante quel centro, quell’ordine, quella spina dorsale.

Anche i libri, a modo loro, sono Mappe di Beck. Ma forse solo all’apparenza.
Forse li leggi, e si apre un mondo, e la tua mente divaga e si fa mappa primaria.
Un sonetto di Dante una mappa di Beck.
Tutto quell’afasia d’amore, in 14 versi.
Sembrerebbe impossibile, eppure l’uomo riesce a concentrare in un cassetto della mente tutti i caos del mondo in mappe, ed è un’illusione, una porzione di mondo, tempo e spazio che diventa tua, mentre rimane il caos.
E allora sarebbe bella la vita, se fosse solo fenomeno kantiano, se fosse solo la sinfonia di Beethoven, se per ogni amore, ogni inferno, ogni male si potesse creare una mappa, un disegno, un libro-i libri sono mappe di Beck– e sistemare tutto.
E sarebbe semplice la vita, un mestiere non gramo, ma clemente, un inferno senza sangue, e il molteplice troverebbe soluzione nell’ordinario, e la meraviglia sarebbe cosa da poco, giusto il gesto di predisporre la mente all’apertura partendo dalla precisione, lavoro da nulla, solo un piccolo sforzo.
Sarebbe bello o meglio salvifico, ecco salvifico, se l’uomo riuscisse a concentrasi su ciò che è, che esiste, che riesce a dominare e di cui conosce tutto, il fenomeno, senza avere questa fottuta esigenza di andare oltre, di tentare il superamento, di imitare l’Ulisse Dantesco volendo conoscere qualcosa di cui non si saprà mai nulla, la cosa in sè.
E allora ci si fa male, le mappe non ci bastano, sono illusioni, vogliamo scoprire l’arido vero e vivere, vivere davvero in quel fottuto caos che è la mappa primaria, che è il sonetto primario dietro il secondario.
L’uomo tende ad andare oltre, e quel limite diventa una scommessa da perdere sempre, la sua arrendevolezza.

 

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Hai parlato per ultimo di un uomo, che ha avuto l’ardire, il coraggio, la voglia di vivere da far schifo, di sfidare il limite, ponendosi metaforicamente parlando davanti ad una siepe, tra le cose che già conosceva, per vedere ciò che non conosceva ancora e che forse mai avrebbe imparato a conoscere.
Quell’uomo si chiamava Giacomo Leopardi, l’uomo della cosa in sè, tra il fenomeno.
Non hai ricamato troppo, ma hai letto, con quella musica in sottofondo, e con quell’amore, e quella meraviglia che giuro, io la vedevo sempre là, incollata nei tuoi occhi.
Anche con il buio.
Anche se con quella melanconia bagnata, nemmeno io ci vedevo bene.
E te ne sei uscito di scena così.
Animale braccato,
chissà che mappa sceglierai,
chissà se l’ho saputo.

Non so se leggerai queste righe come hai fatto per gli altri articoli, né so se questa volta mi risponderai.
In ogni caso, grazie.
Grazie, per le parole che mi regali.
E per quella bellezza malinconica che sai insegnarmi solo tu.
Senza gioia superflua, entusiasmi banali, finti sorridi.
Ma con la meraviglia.
Che è il respiro del mondo.
Grazie,
e a presto,
ancora tua
Arianna.

 

 

 

Arianna Mariolini

Mi chiamo Arianna Mariolini (Ary). Sono nata il 6 gennaio 1998 a Clusone, in provicia di Bergamo, ma attualmente risiedo a Pisogne, un bellissimo borgo bresciano. Dal settembre del 2012 frequento il Liceo classico Decio Celeri di Lovere. Le mie principali passioni sono la letteratura e la musica...