L’uomo : tra essere e sembrare

Ecco il mio ultimo saggio breve, che penso possa interessare e far riflettere tutti, poiché tratta di un argomento che ci riguarda del tutto.
Ho provato a “risolvere” questo binomio che nella storia dell’esistenza dell’uomo, ha creato numerosi dibattiti e altrettante soluzioni (come la mia).

L’essere umano è formato principalmente da due componenti : la forma (ciò che è legato al corpo) e la sostanza (ciò che è legato a mente e anima), che non si trovano in completo contrasto, ma interagiscono tra di loro e coesistono in lui.

Ma quale parte è più importante?

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Le due parti, come vedremo, vivono in un rapporto di reciproca necessità, ma potremmo dire che “filosoficamente” la sostanza è più importante, perché rappresenta l’essere, ma, essendo così interna e profonda, risulta essere talvolta impercettibile e “astratta”. Come ricorda la filosofica la filosofa Carnevali, “le apparenze contano, e tutti lo sappiamo, perché tutti comunichiamo tramite apparenze, esprimendo e rappresentando ciò che siamo nello spazio pubblico e interpretando l’immagine che gli altri a loro volta vi disegnano” : la forma è quindi la manifestazione dell’essere nella realtà, è la prima sua percezione e ha per questo un ruolo non meno importante della precedente.

Come si riflette la componente di forma nell’uomo?
La forma, nell’uomo, si mostra attraverso la sua esistenza.  Infatti, come scrive Francesco Alberoni in un articolo de “Il Corriere della Sera” (19 maggio 2003)  “Noi esistiamo perché gli altri ci vedono, ci conoscono ci prendono in considerazione. Dunque per l’uomo è fondamentale “esistere” per avere una buona considerazione nella società e per interagire con essa e con i suoi simili. Ma un problema di ordine sociale si va verificando : l’esasperazione dell’apparire. Molti, al giorno d’oggi, credono che tutto si basi sull’apparenza e di conseguenza la “valorizzano” e involontariamente la esaltano (egoisticamente) affinché la loro persona sia resa visibile, nota ed apprezzata dagli altri. Facendo così, si cade però  nell’errore di essere superficiali e di non considerare (e valorizzare di conseguenza) la componente “sostanza” : allora, i veri valori morali, i meriti e l’essenza dell’individuo vengono a mancare, mentre questo fenomeno si espande e si riflette sulla società, trasformando tutto in “fenomeno da esporre in vetrina, tanto che per gli individui la vetrinizzazione sembra diventare una sorta di obbligo sociale inevitabile” (Giuseppe Scidà. Legame sociale, spazio ed economia, 2007).

Se però valorizziamo troppo la sostanza umana, cadiamo nell’errore tipico del Romanticismo : “cancellare la mediazione estetica dell’apparire nei rapporti sociali” (Rossana Sisti, in un articolo de “l’Avvenire”, 25 ottobre 2012); è vero che il più delle volte l’apparenza inganna, ma allo stesso modo un “cattivo apparire” non ci spinge a relazionarci con le altre persone, piuttosto, istintivamente, ci allontana da loro.
Dunque come agire?
La migliore strada da intraprendere, benché sia la più complicata (poiché non è mai semplice trovare un equilibro tra due cose), è quella del mezzo, secondo la quale si deve dare la giusta importanza alle due componenti : non bisogna dunque puntare solamente sul sembrare e sull’apparire, perché si cadrebbe nella vanità (e talvolta nella falsità), ma nemmeno bisogna pensare che l’unica cosa importante sia la nostra essenza, poiché si toglierebbe quella parte più “esterna” che è di natura umana, fondamentale per il vivere dell’uomo e per le sue relazioni sociali.

 

Roberto Testa

Sono Roberto, un giovane di 20 anni. Studio Storia presso l’Università degli Studi di Torino e Contrabbasso Jazz presso il Conservatorio "G. Verdi" di Torino. La storia è molto probabilmente la passione più grande della mia vita, insieme alla musica, alla filosofia e alla politica..