Lucio Battisti e Mina : lo storico duetto

A cura di Roberto Testa

Insieme

 

“Io non ti conosco, io non so chi sei, so che hai cancellato con un gesto i sogni miei…”
E già il primo brivido, il primo applauso del pubblico.
Ma non è la voce di Mina, non è la voce di una donna : è Lucio Battisti.
Siamo al Teatro delle Vittorie, Roma. Le telecamere del secondo canale della Rai sono puntate su di lui, quel 23 aprile 1972, in quel finale della puntata “Teatro10”.
Al suo fianco c’è quella affascinante Mina, dalla voce piena ed elettrica.
Insieme : Lucio, il ragazzino timido, e Mina, l’artista estroversa e piena di sé. E quale altro pezzo per inaugurare questo unico duetto se non Insieme?
Insieme, pezzo di una dolcezza naturalissima, semplice ma emozionante allo stesso tempo, la sua voce accompagnata da arpeggi di chitarra.. Era un singolo di Mina del 1970, ma l’aveva scritta Battisti per lei, per la sua voce. E in effetti Lucio, accompagnato da Mogol, ci aveva visto bene, perché quel pezzo sarebbe stato il più grande successo di Mina, probabilmente quello che le ha permesso di raggiungere l’apice del successo.

 

 

Lucio non aveva una voce particolarmente bassa, quindi il pezzo suonava bene anche se cantato da lui.
“Non ti chiedo sai, quanto resterai, dura un giorno la mia vita. Io saprò che l’ho vissuta, anche solo un giorno, ma l’avrò fermata insieme a te…”

E poi lo scambio : lei che canta i pezzi di lui. Applauso del pubblico e…
“Mi ritorni in mente, bella come sei, forse ancor di più..”
Dolce come mai, Mina, in uno dei classici più belli e malinconici di Battisti, Mi ritorni in mente.
“Un angelo caduto in volo, questo tu ora sei”, riprendono insieme, in un’armonia disarmante. Botta e risposta, connessi e sintonizzati. E poi i musicisti che intervengono con i primi colpi rockeggianti : i “cinque amici da Milano” : Massimo Luca alla chitarra acustica, Angelo Salvador al basso, Gianni Dall’Aglio alla batteria, Gabriele Lorenzi (poi nei Formula Tre) alle tastiere ed Eugenio Guarraia alla chitarra elettrica. “Ma c’è qualcosa che non scordo..”
E non la scordo neanche io quella canzone, Il tempo di morire, altro singolo di casa Battisti, uscito nel 1970 con Fiori rosa, fiori di pesco, pezzo scritto ancora una volta per la voce di Mina ma poi effettivamente eseguito da Lucio.

 

Ph. Riccardo Testa

“Mi basta il tempo di morire, tra le tue braccia così domani puoi dimenticare, domani, sì, ma adesso, adesso dimmi di sì”. Davvero indescrivibile il coinvolgimento e l’espressività dei due artisti, tanto che non si riesce a capire chi dei due stia vivendo più dell’altro la canzone. Ancora una volta è un botta e risposta, accompagnato da piccoli incisi di chitarra elettrica improvvisati ma belli, incisivi. È un dialogo : lui è disposto a tutto per lei, lei è disposta a tutto per lei, e poi si ritrovano nel ritornello, a morire ognuno nelle braccia dell’altro. È stato il mio primo pezzo di Battisti e mi ha sempre fatto impressione il fatto che questo ragazzo fosse disposto a lasciare la sua motocicletta 10hp cromata per stare insieme ad una ragazza, anche per un attimo, anche per una notte. “Lo so che ami un altro, ma che ci posso fare, io sono un disperato, perché ti voglio amare.. Stanotte, adesso, sì!” Lascia perdere tutto, passiamo insieme questa notte, non ci importa di domani, non ce ne frega. Viviamola ora, prendiamo il giorno che sta passando, poi magari domani ci ripenseremo. La sofferenza, l’essere disposti a dare tutto per una persona, anche nel piano più mero, più materiale.

E poi, come in una storia, lei si allontana..
“Scusa è tardi, e penso a te, ti accompagno e penso a te..” e tra gli applausi del pubblico, un graffiante “Sono al buio e penso a te”, ad esprimere tutti i sentimenti di nostalgia e di tristezza, nella solitudine, nell’oscurità. E penso a te.
Ma nemmeno un attimo e il caro Lucio risponde, accompagnato da un caldo ingresso di tastiera..
“Io e te….da….soli.. Ma cosa stai dicendo? Io sto già morendo solo ad ascoltarti..soli.. No, no, no, no, no..”
La prima disperazione, tanto pathos.
E ricomincia il refrain di Il tempo di morire.
Ma nemmeno un attimo di respiro e Mina riprende le redini della situazione : “Eppur mi son scordata di te, come ho fatto non so”. Altra hit del repertorio battistiano (Eppur mi son scordato di te), presente nell’album Formula 3 dei Formula 3. Pezzo molto musicale, tra pause e momenti più vivaci, quasi aggressivi, dopo una bella carica. “Non piangere salame dai capelli verde rame”, resterà alla storia come una delle frasi più strane della musica “pop” italiana.
Ma soffermiamoci un attimo sul “pop”, perché è un buon momento per riflettere, lasciando da parte lo spettacolo di Battisti e Mina.
Cosa era il pop negli anni ’70? Era la musica popolare, quella definita “leggera”, un po’ per le orecchie di tutti. Quindi possiamo definire Battisti e Mina degli artisti “pop” : alla fine erano molto conosciuti e la maggior parte delle loro canzoni erano orecchiabili, musicali e alla portata di tutti. Oggi però, e forse anche tra qualche anno, queste canzoni non saranno più alla portata di tutti. Vuoi per la moda, vuoi per la musica che ascoltiamo, il nostro orecchio tende a conformarsi a quello che ascoltiamo e a quello che il sistema ci mette in testa.
Oggi la musica “pop” cosa è? Battisti si può definire “pop” oggi? Io onestamente mi trovo in difficoltà in questa suddivisione, vuoi per il proliferare delle etichette e delle categorizzazioni musicali (dalle macroetichette come rock, jazz, blues, disco.. fino alle più piccole come soft rock, thrash metal, free jazz…) e vuoi per un problema intrinseco che si portano dietro le stesse etichette (Come si definisce cosa è rock?
Che cambia tra Death e Black Metal? Come faccio a capire se un pezzo è bebop o cool jazz?). E’ un discorso apparentemente banale ma effettivamente complesso, e talvolta, arrivati ad un certo punto della discussione, non si può far altro che lanciare il tavolo in aria e smetterla con questi discorsi, magari concordando che la musica è bella e che forse dobbiamo evitare queste etichette e queste discussioni.
Ma comunque è lecito chiedersi come abbia fatto il termine “pop” ad assumere significati diversi con il passare del tempo. Un esperimento utile sarebbe quello di far ascoltare Battisti (una canzone semplicissima come La canzone del sole) ad un giovane di oggi, classe ’03-’04 e poi vedere se effettivamente quel pezzo gli è entrato in testa facilissimamente, e poi via via provare con gli altri pezzi e con altra musica di quel periodo, e vedere le sue reazioni, le sue risposte, per capire se effettivamente quel “pop” è rimasto ancora oggi.

Chiusa parentesi. Mina e Battisti non sono ancora andati via, per nostra fortuna. Godiamoceli fino all’ultimo respiro.

 

Illustrazione di Endymion

 

“Che disperazione nasce da una distrazione, nasce da una distrazione che..” con delle ritmiche un po’ stoppate dalla batteria e una carica, i due portano avanti il pezzo.. Dopo un prolungatissimo applauso del pubblico, che sembra portarci alla fine, Mina riprende :
“E ricoprir di terra una piantina verde sperando che possa nascere un giorno una rosa rossa”, e il pubblico : “dai, Lucio!”
“E prendere a pugni un uomo solo perché è stato un po’ scortese, sapendo che quel che brucia non son le offese..” Lucio sembra quasi piangere, metterci tutta l’emozione, tutto il cuore, mentre canta con Mina.
“E chiudere gli occhi per fermare qualcosa che.. è dentro me, ma nella mente tua non c’è… Capire tu non puoi, tu chiamale, se vuoi, emozioni..”
Il pubblico è in visibilio e saluta i due artisti con un applauso calorosissimo e prolungato. L’ultimo applauso per i due giganti della musica leggera italiana, per l’unico duetto, 8 minuti scarsi di poesia, di passione, di dolore, di emozioni. Che sia stata la fine di un’epoca? Gli anni ’70 potrebbero sancire la fine di un periodo e l’inizio di un altro, forse la maggiore commercializzazione della musica da un certo punto di vista o magari l’ingresso della componente “politica” nell’ambiente musicale, o ancora il tentativo di qualcuno di intraprendere nuove strade, nuovi percorsi, nuovi suoni?

 

http://www.nonsolofole.it/?p=323818

 

In effetti, a 45 anni da questo duetto, possiamo testimoniare che uno spettacolo del genere non si è più rivisto nella storia della musica italiana né tantomeno nella storia della nostra televisione. Due artisti dal calibro straordinario, di notevole spessore, con una musica che è abbastanza semplice ma profonda, non banale, non scontata, tra suoni e parole, poesia, incanto, pur essendo alla portata di tutti. Le emozioni saranno pure soggettive e i ricordi arricchiscono le canzoni, i testi, ma riuscire ad emozionarsi con un pezzo di Lucio Battisti, indipendentemente dal background artistico-musicale di ognuno di noi, non è difficile. Un genio che riusciva a trasmettere davvero tanto e a toccare le corde più sensibili della nostra anima con la sua chiarezza, con la sua apparente cortesia, con la sua semplicità.

Spesso ha ragione chi dice che le cose semplici sono le cose più belle.
Ringraziamo ancora una volta Endymion per le sue illustrazioni! Trovate altri disegni nella sua pagina facebook!

 

Roberto Testa

Sono Roberto, un giovane di 20 anni. Studio Storia presso l’Università degli Studi di Torino e Contrabbasso Jazz presso il Conservatorio "G. Verdi" di Torino. La storia è molto probabilmente la passione più grande della mia vita, insieme alla musica, alla filosofia e alla politica..