Le Veline

Le Veline

 

“È un errore politico pubblicare sui giornali fotografie di ricordi socialisti, comunisti, ecc, col risultato di richiamare sul giornale sovversivo anche l’attenzione dei giovani che non lo lessero e neanche lo conobbero”

 

Il noto dittatore fascista Benito Mussolini è altresì noto per la sua attività di giornalista che caratterizzò il periodo socialista dello stesso, anche se sappiamo che la stampa fu spesso utilizzata da Mussolini come mezzo di divulgazione fascista, soprattutto quando il regime si era già affermato, caratterizzandone di fatto un punto fondamentale, soprattutto perché venne repressa la libertà di stampa e dunque il regime aveva potere decisionale su cosa pubblicare o meno.

 

Una testimonianza della repressione della libertà di stampa si ha nelle “veline” (ancora oggi se ne usa il nome ma per indicare una qualsiasi notizia diffusa da un’agenzia di stampa) , fogli d’ordine (redatto su fogli di carta velina) contenenti le disposizioni che il regime fascista impartiva alla stampa quotidiana e periodica. Ma perché su carta velina e non su carta normale? Perché dovendo essere scritte a macchina e in molte copie, più sottile era la carta e più se ne potevano scrivere con una singola battitura, ponendo la carta carbone tra l’una e l’altra.  Le prime veline comparirono nel 1935, anche se circolarono, ma in maniera minore, dal 1924 al 1935 e divennero molto più pressanti dopo l’istituzione del Ministero della Cultura Popolare (1º ottobre 1937), che controllava anche la SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori) e l’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche). Le veline, vietate alla fine del fascismo (1943), ricomparvero nella Repubblica Sociale Italiana nel settembre dello stesso anno, fino al giorno prima della Liberazione (ovvero il 24 aprile 1945). È curioso vedere come, certe veline, appaiano ai nostri occhi assurde ed incomprensibili (come quella sull’utilizzo in percentuale delle parole “germanici” e “tedeschi”); in realtà, dietro ognuna di queste, c’è uno studio ben preciso, che tende, ovviamente, a esaltare il regime fascista e i suoi alleati, fornendone spesso un’immagine distorta e distante dalla realtà.

 

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Ne riporto alcune delle più significative:

 

1930: Tutte le autorità cui mi rivolgo sanno che è proibito assolutamente prendere fotografie di esecuzioni capitali, e pertanto responsabilità morale di un tale delitto contro la Patria ricade su chi per debolezza, incapacità, incomprensione dei propri doveri non sa fare rispettare ordini di così grave importanza.

1931: È un errore politico pubblicare sui giornali fotografie di ricordi socialisti, comunisti, ecc. “Il Lavoro Fascista” ha pubblicato una fotografia della testata dell’“Avanti!”, col risultato di richiamare sul giornale sovversivo anche l’attenzione dei giovani che non lo lessero e neanche lo conobbero (…) Vanno quindi assolutamente eliminati i disegni di figure artificiosamente dimagrite e mascolinizzate, che rappresentano il tipo di donna sterile della decadente civiltà occidentale (…) Le fotografie di avvenimenti e panorami italiani devono essere sempre esaminate dal punto di vista dell’effetto politico. Così se si tratta di folle, scartare le fotografie con spazi vuoti; se si tratta di nuove strade, zone monumentali, ecc., scartare quelle che non danno una buona impressione di ordine di attività, di traffico, ecc. (…)

21/10/33: Il Corriere della Sera e il Mattino hanno pubblicato due disegni riproducenti il Duce. Uno è piaciuto, l’altro no; vale quindi, anche per i disegni, la norma vigente per le fotografie e cioè che debbono essere precedentemente presentate all’Ufficio stampa del Capo del Governo per avere l’autorizzazione alla pubblicazione.

29/1/35: Il sottosegretario Ciano ha deplorato l’abitudine dei giornali di pubblicare fotografie, corrispondenze e titoli come questi freddo intenso a Roma, Napoli sotto la neve, La neve a Palermo. In questo modo si sviano le correnti turistiche del paese.

11/7/35: Si fa assoluto divieto di pubblicare fotografie di carattere sentimentale e commovente di soldati in partenza, che salutano i loro cari.

17/7/35: Il Messaggero è stato sequestrato per una foto che si risolveva in propaganda pro Etiopia.

7/12/35: Non pubblicare, nelle corrispondenze, notizie dei bombardamenti dei nostri aerei nell’Africa Orientale.

4/1/36: Non pubblicare fotografie sul genere di quella pubblicata questa mattina dal Messaggero, che dimostrino intimità dei nostri soldati con abissini. (…) Si dia l’impressione di benevolenza da parte dei nostri soldati verso gli indigeni ma non di cordialità, di protezione ma non di affetto.

14/8/37: Il Duce ha fatto un viaggio in Sicilia. Vietato pubblicare le foto che lo ritraggono mentre danza.

1/7/38: Tutti i giornali debbono riprendere le fotografie Luce pubblicate stamane dal Popolo di Roma in prima pagina “il Duce si prepara a salire sulla trebbiatrice”. Si fa presente che un giornale è stato sequestrato perché ha pubblicato fotografie del Duce alla manifestazione dell’Agro Pontino non autorizzate.

13/6/39: Ignorare la Francia. Non scrivere nulla su questo paese. Criticare invece sempre e comunque l’Inghilterra. Non prendere per buono nulla che ci venga da quel paese.

13/7/39: Vietato pubblicare foto di donne in costume da bagno.

14/6/40: Usare la parola “tedeschi” e la parola “germanici” nella proporzione del 70 e del 30 per cento: cioè dire più spesso “tedeschi”.

7/12/40: Sensibilizzare con fotografie, interviste, ecc. i viaggi delle coppie prolifiche per essere ricevute a Roma dal Duce.

26/5/43: Si rinnova ai giornali il divieto d’inserzione di pubblicità ebraica, anche se mortuaria.

“La penna è una spada” scrive Guccini in “Cirano”, pura verità, ma questa spada va usata bene, perché rischia di tagliare noi stessi, se utilizzata in modo errato e sotto l’influenza di “ombre” esterne.

 

Nino Bertani