“La casa di carta” e il suo castello di carte (Prima parte)

Berlino, Tokyo, Rio, Nairobi, Denver, Mosca, Oslo, Helsinki. Otto città, otto nomi, otto persone diverse. E’ così, infatti, che si riferiscono l’uno all’altro, sotto diretta supervisione del Professore, gli otto rapinatori protagonisti di una nuova serie che ha fatto parlare di sé a lungo, La casa di carta.
Questo è quello che ne pensiamo noi a ormai quasi tre mesi dalla sua uscita in italiano su Netflix.

A cura di Silvia Genovese

TRAMA

Al centro della scena ci sono otto rapinatori, scelti accuratamente dalla mente del piano, il Professore, accomunati da una fedina penale sporca e da “niente da perdere”. L’obiettivo è occupare la Fàbrica Nacional de Moneda y Timbre, la zecca di Madrid, e stampare 2400 milioni di Euro.
Il colpo viene pianificato nei minimi dettagli dal già citato Professore, un uomo di cui conosciamo solo il viso, la cui identità è nascosta, sfocata, un uomo invisibile.
Egli prepara i rapinatori per cinque mesi nelle campagne di Toledo, aspettando il giorno della rapina.
E la rapina arriva e va avanti, fra i colpi e le stoccate con la polizia, in particolare con l’ispettore a capo del caso, Raquel Murillo.

E questo è quanto. La trama finisce qui.
Perché non è questa il punto forte della serie tv.

PRODUZIONE

Con un cast incredibile e una struttura a incastro, la storia si sviluppa come un nodo molto stretto e molto vecchio: un nodo solido, ma che man mano che si scioglie, inizia a sgretolarsi.

La storia parte inquadrata su Tokyo, una delle protagoniste e voce narrante. La prima puntata è un’introduzione, ma dopo questa si entra subito nel vivo, partendo dal giorno della rapina. Lo sviluppo, infatti, non è lineare. L’ingegnoso piano del Professore si snoda e si comprende piano piano, fra Flashback, scene all’interno della zecca in cui i rapinatori lavorano senza sosta per giorni insieme a 60 ostaggi, scene della polizia e infine scene che ritraggono la mente del colpo, che da fuori osserva e dirige.

Non un semplice poliziesco, le riprese, la genialità del piano, gli errori e le vittorie dei protagonisti tengono la tensione alle stelle per l’intera durata degli episodi.

E così noi spettatori possiamo vedere sia i rapinatori, sia polizia, sia gli ostaggi, tutte persone vere, con le loro debolezze e le loro forze. Vediamo strategie, vere e non, e vediamo un’idea, quella del colpo, studiata fin nei minimi particolari.

E ogni volta che pensiamo “Okay, adesso è finita”, non è mai finita.

La produzione di questa serie è il punto forte della fortuna che ha avuto. L’attenzione ai dettagli è
estrema, ogni personaggio ha il suo chiaroruolo, più o meno costruito che sia. La scoperta delle storie delle persone dentro e fuori la zecca è come un tunnel, in cui all’inizio è tutto scuro, e piano piano le cose diventano più chiaro.
Non si può fare a meno che provare empatia per i rapinatori, e alle volte odio per gli ostaggi o per la polizia. E’ così

che la serie confonde le idee, portando lo spettatore a non essere sicuro di chi siano i “buoni” e chi i “cattivi”. Ma se ci pensate bene è questa la realtà. Non ci sono assolutamente buoni e assolutamente cattivi, ci sono personaggi più o meno sgradevoli in contesti più o meno sgradevoli.
E’ anche questo che distingue La casa di carta da tutte le altre serie poliziesche. Non ci sono giudizi, ci sono solo storie, anime, fili, vite che si intrecciano in modo inevitabile.

RIFERIMENTI

I numerosi riferimenti e citazioni rendono la serie ancora più accurata e mostrano tutto il genio e l’internazionalità della produzione spagnola.
Viene infatti citato più volte Tarantino, e in alcuni punti la storia sembra riprendere alcuni suoi film, in particolare Le Iene.
Un altro meraviglioso riferimento è quello delle maschere dei rapinatori, che ritraggono il viso di Salvador Dalì, famosissimo artista surrealista, che porterà poi a un’intera discussione sull’arte all’interno della polizia.

DISTRIBUZIONE

Importante (e intelligente) è stata anche l’idea di Netflix, di rendere la serie originale composta di 15 episodi da 70-75 minuti più adatta al solito bingewatching ricercato dalla casa di distribuzione. La serie infatti è stata presentata sulla piattaforma divisa in due parti: la prima, uscita il 20 dicembre 2017, è composta da 13 episodi di 45-50 minuti, mentre della seconda, non ancora uscita, si sa poco.

Ciò detto, l’intera costruzione rimane uno chapeau alla produzione e all’idea di Alex Pina, che ha messo su un vero e proprio castello di carte e che man mano lo ha disfatto con noi per mostrarcelo, fra gesti delicati come piume e movimenti alle volte bruschi.

Qui il Trailer Netflix