Klaus Kinski, l’arma segreta di Werner Herzog

A cura di Mattia Geraci

Werner Herzog è uno dei registi più importanti del cinema tedesco. Ha saputo ottenere il consenso mondiale sia con film di finzione che con documentari. Due stili diversi, che però, nel suo cinema, vanno ad incontrarsi: è come se Herzog tentasse continuamente di ritrovare un senso romantico del mondo. Le situazioni che è solito a mettere in scena, oltre a omaggiare i paesaggi naturali, parlano di uomini fuori dalla norma, con la loro idea di vita e con le loro emozioni pulsanti e tormentate. Per sottolineare meglio questo dettaglio, il suo Woyzeck – tratto da un importantissimo testo teatrale dell’età romantica – appare sotto una luce particolare.

I suoi personaggi sono sempre fuori dal mondo, nonostante siano presenti fisicamente nelle immagini. Sono persone, in un certo senso, estranee alle convenzioni sociali, e fedeli ad un proprio immaginario. Per rendere questo concetto coerente, Herzog cerca sempre attori con volti particolari e una fisionomia ambigua, evitando, in molti casi, la scelta di attori “belli”. Questo giustifica la presenza, in alcuni suoi film, di un attore come Klaus Kinski.

Klaus Kinski nacque a Sopot, Polonia, il 18 ottobre del 1926. La sua carriera inizia come caratterista – un ruolo dedicato ad attori aventi particolari punti fisici, conciliabili con personaggi particolari – in film come Il dottor Zivago di David Lean e Per un pugno di dollari di Sergio Leone. Successivamente, trova un inserimento più solido nello spaghetti western presso registi come Damiano Damiani e Sergio Corbucci, ma la fama la raggiunge negli anni settanta nei film di Herzog.

Nella storia del cinema, il sodalizio Herzog-Kinski è uno dei più famosi, ma, oltre a questo, Kinski è conosciuto dalla massa per essere un personaggio piuttosto egocentrico, pazzo e imprevedibile. In moltissime occasioni ha reso le produzioni dei film difficili da gestire a causa dei suoi eccessi d’ira, e lo stesso Herzog, affascinato da questa figura, oltre ad inserirlo in molti suoi lungometraggi, fece anche un documentario sull’attore, Kinski, il mio nemico più caro, in cui vengono documentate alcune sue scenate durante le riprese di Fitzcarraldo. Insomma, si tratta di un attore “nato” per interpretare determinati ruoli. In Fitzcarraldo vuole trasportare una nave su una montagna per costruirci un teatro; In Woyzeck è un soldato che impazzisce per l’amore mancato della sua donna; in Aguirre, furore di Dio è un conquistador in cerca di una città che non esiste, ovvero El Dorado; in Nosferatu, il principe della notte è un vampiro oppresso dall’esistenza e situato ai margini della società; in Cobra Verde è un bandito che arriva a comandare degli schiavi in Africa. Tutti personaggi dotati di una forte vena romantica.

Ma non è solo la personalità di Kinski che lo rende adatto a questi ruoli, ed Herzog lo sa bene, perché l’attore possiede una fisionomia facciale unica e inimitabile: occhi azzurri, sguardo secco e marcato, capelli biondi, Herzog usa il volto dell’attore per costruire determinati personaggi. In Aguirre, ad esempio, il personaggio di Kinski è incredibile. Nonostante i suoi soldati stiano morendo, lui non demorde, e continua ad andare avanti, alla ricerca di un luogo inesistente, e il personaggio appare credibile non solo per come si relaziona ai soldati, ma anche per la fisionomia facciale. Ma c’è da dire che Herzog non usi esclusivamente il volto di Kinski nelle sue opere. Basti vedere gli “attori” che usa in Cuore di vetro o La ballata di Stroszek, oppure in Anche i nani hanno cominciato da piccoli, dove usa, appunto, dei nani. Secondo questi punti si può intuire quanto lo stile di Herzog sia legato alla volontà di inserire, nei suoi film, elementi grotteschi, in modo tale da ricreare un’atmosfera ambigua, di ricostruire una dimensione sognante ma, in un certo senso, sincera, grazie alla naturalezza dei visi “brutti” degli interpreti che usa. Questo è un dettaglio che contraddistingue altri registi famosi come David Lynch e Federico Fellini.

Un altro film notevole, in cui Herzog usa Kinski, è Nosferatu, il principe della notte, remake del capolavoro dell’espressionismo tedesco di Friedrich Murnau. La fisionomia di Kinski è messa in atto per costruire il conte Dracula, che in questo film è impressionante. Se nel film originale veniva usata una grande quantità di trucco per rendere Max Schreck somigliante ad un vampiro, qui sembra quasi che basti lo sguardo scavato dell’attore per portare in vita un vampiro vero e proprio – anche se, ovviamente, del trucco viene usato comunque, per definire meglio il personaggio. I lineamenti del volto di Kinski, oltre ai suoi occhi glaciali, definiscono il conte nelle sue tinte più sovrannaturali. In questo caso viene portato all’estremo la ricerca di Herzog per il grottesco, per il romantico, per il particolare “diverso”.

Ma il film in cui la figura di Kinski si impone in modo interessante, nella filmografia di Herzog, è Woyzeck: per tutta la durata del film si assiste al tentativo, da parte del soldato protagonista – interpretato da Kinski – di trattenere pulsioni emotive causate dal tradimento della sua donna, in favore di principi morali legati alla sua posizione militare. E questo lo si capisce immediatamente da come Kinski imprime il suo volto nel personaggio, dato che sembra apparentemente preoccupato, ansioso e affannato. Sin dalla sequenza iniziale del film, infatti, si percepisce immediatamente questo senso di pesantezza emotiva presente sulle spalle del protagonista.

La personalità di Kinski si riflette, in un certo modo, nei film di Herzog. Kinski è un pazzo, uno scherzo della natura, un’individualità diversa dalle solite, lontanissima dalle masse, proprio come i personaggi di Herzog: Stroszek è strano, e non riesce ad inserirsi nel mondo; Woyzeck fugge dagli ordini militari per manifestare la sua rabbia contro la sua donna; e poi i nani, gli attori “ipnotizzati” di Cuore di vetro, e persino nei suoi documentari c’è questo aspetto. Basti pensare a Grizzly man, che mostra le vicende di un uomo che vive nella natura e della sua tragica fine, e Paese del silenzio e dell’oscurità, incentrato sui sordo-ciechi. Sono tutti personaggi fuori dal mondo, diversi, unici, esattamente come Kinski.

Roberto Testa

Sono Roberto, un giovane di 20 anni. Studio Storia presso l’Università degli Studi di Torino e Contrabbasso Jazz presso il Conservatorio "G. Verdi" di Torino. La storia è molto probabilmente la passione più grande della mia vita, insieme alla musica, alla filosofia e alla politica..