Intervista a “Manfredi”

a cura di Vanessa Putignano

Oggi conosciamo meglio il cantautore emergente “Anthony Guadagno” in arte “Manfredi”, un ragazzo di quasi 19 anni che vive a Milano,ma che è originario di Salerno. Buona lettura e.. viva la musica!

Ciao Anthony, potresti spiegare ai nostri lettori come e quando è nata la tua passione per la musica?

Ho iniziato a suonare la chitarra quando avevo 14 anni. Vorrei raccontarti una storia emozionante come quelle dei film, ma la verità è che se mi sono avvicinato alla musica è stato per noia.  Nessun colpo di fulmine quanto piuttosto un amore nato col tempo.

Avevo molto tempo libero, non ero una cima negli sport e nella città in cui abitavo non c’era quasi nessun ragazzo della mia età. Un giorno un mio carissimo amico (anche lui un musicista) mi disse “comprati una chitarra e impara a suonare quattro accordi. Il pomeriggio ci incontriamo, suoniamo qualcosa e stiamo in compagnia”. L’idea non era male, perciò presi qualche soldo che avevo da parte e comprai la mia prima chitarra. La sera mi chiudevo in camera a strimpellare per un po’; col tempo mi sono reso conto che con le canzoni riuscivo ad esprimere me stesso meglio di quanto riuscissi a fare con le sole parole. Pian piano ho iniziato a scrivere e canticchiare tutto quello che mi passava per la testa, poi mi sono ritrovato a suonare tutto il giorno senza neanche accorgermene.

Come mai hai scelto il nome d’arte “Manfredi”?

Ho rubato a piene mani il mio nome dalla Divina Commedia. Quando l’ho studiata alle superiori sono rimasto affascinato da questo personaggio che nonostante le mille difficoltà sorrideva pensando al traguardo per cui stava soffrendo. Lo so, può sembrare apocalittico, ma il concetto è che bisogna avere carattere per prendere la vita di petto quando tutto va per il verso storto.

Ho deciso di usare questo nome per ricordare a me stesso che non devo gettare la spugna alla prima difficoltà (come spesso faccio) ma che devo invece sudarmela fino in fondo. Ora, almeno nella musica, quando una cosa è molto difficile mi impegno il doppio pur di farcela. Riuscire a raggiungere i traguardi che ti poni è faticoso ma anche soddisfacente, meglio delle altre cose che ho lasciato a metà.

Cosa ti ha spinto esattamente a creare qualcosa di propriamente tuo, come ad esempio il singolo pubblicato su Youtube “i vestiti dello scorso inverno”?

Onestamente non me lo sono mai chiesto. Credo sia semplicemente voglia di comunicare, di dire la mia.

Ho iniziato a scrivere canzoni perché mi piaceva l’idea di mettere su carta quelle cose che mi frullano in testa e poi cantarle. Succede semplicemente che un giorno ti svegli e hai voglia di raccontare. Scegli il modo di esprimerti che più ti si addice e il resto succede e basta, così, dal nulla.

Descrivici il tuo singolo, cosa racconta, quale messaggio vorresti inviare?

Con “I vestiti dello scorso inverno” voglio raccontare una storia sentita e risentita senza però risultare banale.

Si tratta delle solite lamentele di un adolescente che crede di avere tutto il mondo contro, convinto che nessuno lo capisca. E’ inutile negarlo, tutti ci siamo passati. Quello che volevo, però, era proporre immagini suggestive, quasi sognanti (come quella della scatoletta di tonno). Insomma, prendere una cosa all’apparenza noiosa e scontata e proporne un punto di vista a mio avviso più interessante. Non mi concentro tanto sul cercare una storia incredibile, ma piuttosto sul modo in cui una storia viene raccontata. Ormai tutto annoia se non è raccontato nel modo giusto.

La cosa davvero emozionante è che alcune persone mi hanno contattato in privato per dirmi che si riconoscevano in quello che diceva la canzone. E’ figo scrivere qualcosa che faccia dire alla gente “Sembra quasi che questa canzone l’abbia scritta per me”. Mi sembra di parlare a chi è come me, ed è bellissimo.

Chi ti ha aiutato in questo percorso?

Mi hanno aiutato due ragazzi davvero meravigliosi. Si chiamano Enrico e Matteo e si occupano delle registrazioni, del missaggio e di molto altro ancora. Se non fosse stato per loro non avrei mai iniziato “a fare sul serio” con la musica.

Cerchiamo di vederci ogni week end e quando capitano quelle giornate in cui proprio non ho voglia di suonare o sono molto impegnato, Matteo passa comunque da casa mia e non c’è verso di farlo andar via finché non salgo in macchina e vado alle prove. Grazie a loro riesco a lavorare in modo più costante ed organizzato. La cosa davvero meravigliosa è che col tempo ci si impara a conoscere: loro sanno come lavoro io, io so come lavorano loro e spesso capiscono cosa cerco in una canzone prima ancora che sia io a dirglielo.

Oltre all’essere fenomenali nel loro lavoro sono soprattutto ottimi amici: se sono agitato prima di suonare davanti a qualcuno, se mi viene in mente qualche idea per una canzone, se scrivo un ritornello e voglio qualche parere, li chiamo ad ogni ora del giorno e della notte e mi rispondono pur sapendo che dovranno sorbirsi un buon 45 minuti di spiegazioni contorte e paranoie interminabili (ride). Si stanno facendo in quattro per questo progetto e gliene sono molto grato.

Come registri di solito la tua musica?

Ho iniziato circa un anno fa con un microfono pagato circa cento euro su Amazon, poi sono passato a registrare a casa di Enrico dove abbiamo a disposizione una strumentazione più vasta e nettamente migliore della mia. Il lavoro davvero impegnativo è però quello che segue alle registrazioni: una volta che hai tutte le tracce devi equalizzarle a dovere, devi fare in modo che gli strumenti non si coprano l’un l’altro e che ci sia armonia, insomma, c’è da diventare pazzi.

Quello che posso dirti è che, almeno agli inizi, la qualità dell’audio conta poco. Se scrivi belle canzoni lo si capisce anche se registri usando il cellulare. Se hai dei bei testi devi “solo” risparmiare soldi per lo studio di registrazione, ma sono i contenuti che contano, senza quelli i microfoni professionali non servono.

Cosa vorresti dire ai ragazzi che come te cercano di dire qualcosa con la loro musica ad un gruppo più o meno esteso di persone ma che non hanno molti strumenti per emergere?

L’importante è avere qualcosa da dire. E’ inutile pretendere che qualcuno ti ascolti se parli del nulla. Specialmente nella musica indie (che poi, indie vuol dire tutto e niente), quello che conta sono i contenuti, non smetterò mai di dirlo. Chi ti ascolta ha voglia di sentirti parlare di qualcosa di interessante, ha voglia di cantare, ha voglia di ascoltare musica che li faccia emozionare. A nessuno importa se hai una chitarra da 3000 euro o una da 50, se la canzone è bella alla gente piaci. Fissatevi un obiettivo e cercate di raggiungerlo a piccoli passi. A molti non piacerete, i locali non vi faranno suonare, ma voi continuate ad insistere; delle volte basta che vada bene una volta su mille per fare colpo.

Dove possiamo ascoltare la tua musica? Dove possiamo seguirti?

Ho una pagina Facebook che si chiama Manfredi, un canale Youtube dove pubblico le mie canzoni e poi da lì potrete trovare il mio account Instagram (anthony_manfro). Quello che mi piace dei social è che mi permettono di conoscere gente nuova, coi miei stessi interessi e che ascolta la mia stessa musica.

Hai progetti per il futuro? Se sì, cosa ti aspetti da esso, quali sono i tuoi sogni?

Non voglio concentrarmi troppo sul futuro, voglio fare bene qui ed ora. Continuerò a scrivere, ad affinare il mio stile, a crescere artisticamente e pian piano da qualche parte arriverò (si spera). Quello che mi importa è fare qualcosa che mi piaccia, che mi faccia stare bene. Suonare davanti a 30 persone o 1000 non mi importa per ora, mi interessa però che siano le 30 persone giuste.

Un saluto ai lettori!

Ciao a tutti e buona fortuna a tutti i sognatori!