Il pomeriggio del 12 dicembre..

Il pomeriggio del 12 dicembre […] in Piazza Fontana il traffico è animato, c’è il mercatino degli agricoltori […] bisogna fare tutto in fretta, perché la banca chiude gli sportelli, dio, come tutto vola così in fretta, risparmi e gente, tutto così in fretta. (Yu Kung, Luna Rossa)

 

 

E’ appunto il pomeriggio del 12 dicembre 1969 quando, alle ore 16.37 una bomba esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura. 17 morti, 88 feriti, ma non è questo il punto. Torniamo a quell’epoca, ritorniamo al 1968.

Il 1968 è l’anno della cosiddetta “rivoluzione”, l’anno della contestazione giovanile che si propaga in scuole, edifici pubblici, università, circoli e tanto altro attraverso il dialogo, attraverso il dissenso (i vari tentativi di occupazione e di sabotaggio) e tutte le forme di protesta. Non c’è un’unica motivazione  per dire “no” : i giovani scendono in piazza contro la guerra, contro il cattivo governo, contro il nucleare e contro la repressione culturale (soprattutto a quella della libertà) alla quale sono soggetti. L’arte, come ben auspicato da diversi esponenti della Scuola di Francoforte (Istituto tedesco per la ricerca sociale), tra i quali Herbert Marcuse, deve essere il mezzo attraverso il quale bisogna portare avanti la rivoluzione culturale. Non a caso si diffonde il movimento hippie, c’è il Festival di Woodstock (“3 giorni di Pace, amore e musica”) e i ragazzi vanno in giro cantando “mettete i fiori nei vostri cannoni” o “fate l’amore, non fate la guerra, meglio a letto che sottoterra”. Insomma, è una parentesi non tanto di rivoluzione quanto di risveglio : l’uomo si rende conto di essere “costretto” a vivere una realtà che non può accettare e che per questo vuole cambiare. Nella realtà fattuale ciò alla fine non porterà a nulla, ma animerà ancor di più le coscienze giovanili e spingerà sempre più giovani ad unirsi, a “fare la pace” e a collaborare insieme per un mondo migliore.

Forse era solo un sogno, forse era soltanto un’utopia, ma c’era chi li temeva davvero. Chi li temeva, li temeva soprattutto perché questa ondata giovanile veniva classificata come “di sinistra”, e si sa che in Italia come in altri luoghi, la sinistra è una cosa..sinistra. Ma tralasciando questi luoghi comuni, non è ancora facilmente comprensibile il perché la bomba sia scoppiata lì, sebbene siano stati scoperti i terroristi. Una cosa certa è che quello fu l’inizio degli anni di piombo : anni di stragi, di terrorismo e di forte tensione politica, dal 1968 al 1980 (strage di Bologna). Anni di scontri, di paura, di violenza, di forte odio tra le diverse fazioni e talvolta di strumentalizzazione di ideologie politiche.

 

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La situazione, stavolta, non è poi così semplice. Del resto, ogni volta che avvengono queste stragi da parte di terroristi (che siano o meno identificati e che appartengano o meno a gruppi politici, religiosi, etc..) c’è sempre molta confusione e non si riesce poi a riconnettere bene gli avvenimenti. Accadde però una “strana” coincidenza : scoppiarono 3 bombe a Roma, due davanti l’Altare della Patria e una alla Banca Nazionale del Lavoro, che causarono 16 feriti. Per quanto riguarda il caso di Piazza Fontana, tutti i sospetti inizialmente girarono nei confronti di un ferroviere anarchico, Giuseppe Pinelli, che per questo motivo venne tenuto in questura sotto interrogatorio. Il 15 dicembre, l’anarchico Pinelli morì : si dice che sia caduto erroneamente dalla finestra della questura, ma si può credere a queste cose? Molti sospettano che siano state le stesse forze dell’ordine a farlo fuori, e fu per questo che negli anni continuarono le manifestazioni a difesa e in commemorazione dell’anarchico.  La stessa vedova del Pinelli accusò diversi poliziotti, tra i quali il commissario Calabresi, di aver ucciso il marito : portati a giudizio, tutti i poliziotti vennero prosciolti. Vennero invece condannati all’ergastolo tre imputati, Freda, Ventura e Giannettini, in seguito tutti e tre assolti con sentenza definitiva per insufficienza di prove. Le indagini continuarono e, dopo ormai 30 anni dall’accaduto, venne condannato all’ergastolo Delfo Zorzi (anche lui sarà subito assolto), che aveva confessato di essere stato l’esecutore della strage, e come lui, Carlo Maria Maggi (organizzatore) e Giancarlo Rognoni (come basista). Definitivamente, la corte di cassazione ha poi confermato quanto sospetto : i “capi-organizzatori” erano Freda e Ventura, entrambi membri dell’organizzazione di estrema destra “Ordine Nuovo”. Conclusione? Nessun condannato, tutti assolti.

 

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Ad oltre 45 anni dall’accaduto, l’indignazione sale sempre di più. Veramente pochissime persone riescono ad accettare che tutto ciò sia passato in una maniera assurdamente silenziosa e che nessuno alla fine abbia dovuto “pagare” il prezzo della strage, se non l’anarchico Pinelli e i 16 morti i cui nomi sono incisi nella lastra di pietra di Piazza Fontana.

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E l’eco assordante di quegli anni, come mai si è sempre più spenta, a tal punto che moltissimi italiani non sanno nemmeno dove si trovi Piazza Fontana?

Che sia stato un tentativo di mettere paura e caos per poi imporre un nostalgico autoritarismo, è una spiegazione abbastanza quotata, dati i successivi tentativi e le controrisposte degli anni di piombo. Ma in tutto questo, lo Stato che fa? “Si costerna, s’indigna, s’indegna, poi getta la spugna con gran dignità”, direbbe Fabrizio De Andrè.

Che lo Stato abbia tramato affinché tutto passasse in maniera indisturbata? Che lo Stato abbia difeso queste persone o che siano state le stesse istituzioni a comandarle?

Non si sa, chi è stato lo sa.

 

 

Roberto Testa

 

Roberto Testa

Sono Roberto, un giovane di 20 anni. Studio Storia presso l’Università degli Studi di Torino e Contrabbasso Jazz presso il Conservatorio "G. Verdi" di Torino. La storia è molto probabilmente la passione più grande della mia vita, insieme alla musica, alla filosofia e alla politica..