Giorno 1: Salone del libro di Torino

Oggi è iniziata la trentunesima edizione del Salone internazionale del libro di Torino. Ecco ciò che ci ha colpito e le conferenze che abbiamo seguito durante la prima delle cinque giornate che dedicheremo al famoso festival letterario.
Alessandro D’Avenia, giovane scrittore e insegnante di greco e latino al liceo, fa il pienone in sala Gialla al Salone del Libro di Torino. Quello di cui parla oggi è il suo ultimo libro, “Ogni storia è una storia d’amore” (2017), ma lui non vuole discutere della sua opera. D’Avenia parla di amore, tenta di spiegarlo, in tutta la sua bellezza, in tutta la sua disperazione. Le storie amorose guidano la vita umana, la iniziano, la finiscono.

Questo è il suo libro, un insieme di storie d’amore che partono tutte dalla stessa matrice, quella che spiega tutte le altre: “Orfeo ed Euridice” nella versione delle Metamorfosi di Ovidio.
Una narrazione dolorosa, in cui, come in tutte le altre, “l’amore è salvezza, ma la salvezza non passa dalla sicurezza”. Questo è tutto: l’amore salva, ma non rende sicuri.
Come in Orfeo ed Euridice, “Dire “Ti amo” vuol dire <<Non voglio che tu muoia e farò di tutto perché ciò non accada>>. E allora ci pensate cinque volte prima di dirlo, perché forse ancora non potete. Andate piano con le parole. Non correte.”
L’ultimo libro di Diego De Silva è una chicca. Come tutti gli altri è la cinica ironia a portarlo avanti, quella che ti fa ridere tanto e poi pensare “ma per cosa sto ridendo?”.
È in dialogo con Luciana Littizzetto che De Silva ci presenta la sua ultima uscita, “Superficie” (Einaudi, 2018), in quello che loro chiamano un “battibecco semiserio”.
“Superficie” è un libro diverso da tutti gli altri, in cui De Silva parte da luoghi comuni, alcuni li ribalta, alcuni li lascia come sono, e li mette in dialogo, quello che diventa un “dialogo surreale fra luoghi comuni con una parvenza di senso”.
“Un libro storto”, lo chiama la Littizzetto.
La gente vive di luoghi comuni e li declina come vuole. C’è un uso improprio della parola, una traslazione abusiva, una perdita di senso.
Come dice Luciana Littizzetto, Diego De Silva scrive cosa fa ridere a lui, senza la pretesa di far ridere gli altri, senza voler compiacere nessuno. È una cosa molto personale, un’angolazione dell’autore che “nemmeno lui sapeva di avere”.
‘Come sarebbe il mondo senza la carta?’ È la spiritosa conferenza tenuta da un gruppo corale e stranamente omogeneo di artisti, scrittori, giornalisti e musicisti, i quali, tra una canzone suonata da Eugenio Cesaro, cantande del gruppo ‘Eugenio in via di gioia’, e un monologo degno di una brillante stand up comedian, tenuto dalla scrittrice Arianna Porcelli Safonov, si domandano quale sarà il nostro futuro senza la carta, immaginando esiti paradossali. C’é chi ipotizza case piene di tablet ma sprovviste di post it, chi sottolinea gli svantaggi del dover scrivere una lettera d’amore non più su carta ma bensí attraverso l’uso delle emoticon, ovviando in velocità ma peccando di poca poeticità.
‘Quasi Grazia’ è l’opera teatrale di Marcello Fois, opera dedicata al premio Nobel per la letteratura Grazia Deledda, interpretata da Michela Murgia. In questo incontro i due scrittori si raccontano agli spettatori come interpreti intimi della ‘grande dimenticata’ scrittrice nuorese.
Fois individua nella sua opera tre momenti fondamentali della vita della Deledda: la prima parte è dedicata al momento in cui ella lascerà la casa natale con grande conflitto familiare: una figlia che vuole fare un percorso non compreso in casa, che si trova davanti l’ostilita del contesto familiare  e sociale. Il secondo momento preso in considerazione ci ribalta nel momento in cui Deledda, già sposata si trova a Stoccolma poichè le è stato assegnato il Nobel:un traguardo immenso, la sanzione di un percorso a ostacoli ottenuto ma a caro prezzo. Il terzo momento è dedicato agli ultimi giorni della scrittrice, il termine della sua esistenza terrena in favore di una condizione di gloria eterna.