Candide, ovvero l’ottimismo

Siamo nel maestoso XVIII secolo, rivoluzioni, libertà, tolleranza, ogni spazio, ambito culturale, politico e sociale è irradiato dal potente lume della ragione. E’ il momento in cui l’intellettuale, l’agitatore di idee tenta di svegliare gli altri uomini, o meglio costituire un’opinione pubblica; egli si autodefinisce “ideologo”,“filosofo” e come ogni uomo dell’ Age des lumieres consapevole del proprio valore personale esce fuori “dallo stato di minorità” per utilizzare a pieno il proprio intelletto.

 

http://www.ilmessaggeroitaliano.it/news/wp-content/uploads/2015/12/Voltaire.jpg
http://www.ilmessaggeroitaliano.it/news/wp-content/uploads/2015/12/Voltaire.jpg

 

Voltaire è proprio uno di questi, egli, convinto Cartesiano, non voleva essere un filosofo ma il Sofocle del 1700, nel corso dei suoi studi e viaggi matura un pensiero anti-ottimista, contrapposto a quello di Liebniz ed ecco di cosa tratta il “Candide”. Il titolo palesemente ironico, critica ferocemente tale corrente argomentando attraverso un’apparente semplice storia l’insensatezza e l’ingenuità dell’ottica con cui si guarda alla vita.

Candide è un ragazzo genuino, innocente che anche se inibito dalle idee del proprio insegnante, nonché archetipo Pangloss, a causa di innumerevoli peripezie cresce, matura, raggiunge uno stato di “maggiorità” in cui interpreta la realtà e la osserva dalla sua angolazione, sviluppa un occhio critico che gli permette di comprendere che forse la nostra vita non è la somma delle azioni migliori che potrebbero accadere ma essa è imperfetta, caratterizzata da momenti infelici, sfortune..
E’ una mescolanza di emozioni (positive o negative che siano) in cui è inutile disperare o credere che tutto vada nel migliore dei modi, nondimeno è necessario accettarla così come si presenta, senza farsi coinvolgere troppo da complessi ragionamenti in quanto alla fine “bisogna coltivare il proprio giardino”, chiudersi nel proprio microcosmo e rifuggire nel lavoro, il quale a differenza di quanto esaltato da Virgilio, non serve a sviluppare l’ingegno bensì a rendere la vita un po’ più sopportabile (è un divertissement); un impiego dunque ne risulta una visione pessimistica, impensabile se contestualizzata nel periodo storico : Voltaire è un ribelle controcorrente, comprende che l’uso della ragione e dell’intelletto costano un prezzo altissimo quale il raggiungimento della felicità.

 

voltaire_candide

 

Ma perché costringersi a vivere un’esistenza così frustrante? Siamo esseri limitati, la nostra vita non ha un reale senso, ma cosa ne ha uno? L’uomo non è forse un roseau pensant? Comprendere la nostra inferiorità rispetto alle forze della natura e del fato costituisce la nostra stupefacente dignità morale e superiorità eppure nulla può garantire che il “cogito“ sia davvero la prova della nostra esistenza, forse semplicemente non siamo e nulla è (come ricorda il nichilismo) pertanto perché non affidarsi all’ottimismo e credere che tutto ciò che accade è finalizzato probabilmente alla realizzazione di quella che successivamente Coelho chiamerà “Leggenda personale” (in L’Alchimista)? Perché rincorrere solo il piacere stabile?

L’uomo ha bisogno anche di ciò che è futile, che, anche se concepito sempre come qualcosa di inconsistente, rappresenta una componente essenziale nella vita dell’uomo, il quale in fondo non ha nulla da perdere : siamo costretti a perire, la morte è una livella, nondimeno una vita ricca di emozioni, avventure e serenità si pone ad una distanza infinitamente infinitesimale da una povera e disperata, saremo spazzati via, cancellati.

Ebbene crediamoci fautori della nostra “fortuna”, qualsiasi cosa ci piaccia, viviamola più possibile, balliamo che la felicità scaturisce dalla struggente pace interiore ed esteriore, ed è quella che si infonde quando tu sei la musica, le parole cantate sono dettate dal tuo cuore che guida i movimenti e tu stai danzando in un’altra dimensione : facciamo della nostra intangibile presenza “un’opera d’arte” perché quando giungeremo al baratro, non esisteranno battaglie perse, non esisterà il fallimento; sicché polvere alla polvere, nulla eravamo e nulla saremo : finiremo così, con insostenibile leggerezza, come la fugacità dei nostri piaceri.

 

 

Sofia Barbera