Intervista a Rose

Rose è una giovanissima artista di Portogruaro, cantante e polistrumentista jazz, funk, soul e blues. Dopo varie esperienze in giro per l’Italia e in Europa (con Frezzy Frendy & The Magazin Roots, North East Ska-Jazz Orchestra, Mr. T-Bone…), nel 2017 pubblica il suo primo album da solista “Moving Spheres” (Toks Records/Music Force).

A cura di Roberto Testa

Ciao Rose! Da dove nasce la tua passione per il jazz, nel senso più generale?
Questa passione l’ho avuta sin da piccola: suonavo il pianoforte per gioco, ascoltavo musica classica e pure jazz, senza sapere che fosse jazz. Ho iniziato ad ascoltare con Gershwin, con Rhapsody in blue, Un americano a Parigi, poi Ella Fitzgerald, Louis Armstrong… Poi mi sono trasferita a Udine, dove ho conosciuto tanti musicisti jazz che mi hanno un po’ introdotta in questo mondo. Avendo questa voce un po’ calda, un po’ soul, ho iniziato a fare la cantante, così avevo anche la scusa per non dimenticarmi gli strumenti (ride, ndr)!

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C’è un artista o un sottogenere del jazz a cui ti senti più vicina?
A me piace tutto, tra Jazz, Soul, R&B, Blues… La cantante che ho ascoltato di più è Ella Fitzgerald, perché alla fine ha cantato tutti i pezzi che suonavo con i vari gruppi che ho avuto. Poi Coltrane, Chet Baker… Chet è un “cantante insolito”, non è solo un trombettista, e mi ha influenzato tanto. Però, se ti devo dire la verità, ho iniziato a cantare con il reggae-soul per poi affrontare il Jazz, quasi come un’evoluzione naturale.

In che modo è nato “Moving Spheres”?
Ho scelto di fare questo CD soul, R&B con un po’ di influenze jazz perché avevo bisogno di sperimentare anche quel mondo lì, con le mie voci, con gli strumenti che avevo in testa. Volevo prendere un attimo di respiro, con più calma, per far notare più la voce, le cose un po’ più fini, più lounge.

Se potessi scegliere una cosa da fare per tutta la vita, tra cantare e suonare, quale sceglieresti?
E’ una domanda difficile. Se proprio dovessi scegliere, credo che non farei nessuna delle due, ma nel senso buono: io non riesco solo a cantare o solo a suonare. Mio padre, insegnante di musica, mi toglieva, quasi per gioco, gli strumenti mentre suonavo; però ne aveva così tanti che se mi toglieva il piano, mi buttavo sulla chitarra, se mi toglieva la chitarra andavo a finire sul clarinetto, e insomma… forse sceglierei la voce, ma solo perché nessuno riuscirebbe a rubarmela e comunque potrei divertirmi a imitare i suoni degli altri strumenti!

E se ti chiedessi di raccontarmi un’esperienza che hai avuto con la musica, quale sceglieresti?
Ho condiviso il palco con artisti come Roy Paci, Alborosie, Mr. T-Bone, e ho fatto tante esperienze in giro per l’Europa. Con la North East Ska-Jazz Orchestra ho fatto concerti anche in Francia, Olanda, Spagna, quindi il mio obiettivo è arrivare lì solo con me stessa, per vedere se riesco anche con il mio genere a fare una cosa del genere. L’esperienza più bella che ho fatto è quella che devo ancora fare: quando la farò, te lo dirò! Ma dato che intanto continuo a farne, sarà sempre questa la risposta!

Brava, mi hai fregato! Parlando però dei tuoi sogni e dei tuoi progetti futuri, al di là dei testi che scrivi in inglese, in che Paese vedi il tuo futuro e per quale motivo?
Scrivo inglese perché ho sempre cantato in inglese e quando penso alle canzoni, le penso in inglese. Mi piace un sacco l’Inghilterra, sono molto “London”: ci sono stata e mi è piaciuta più di tutti, mi ha colpito veramente. Anche l’America, per la comunanza per la lingua. Poi non si può mai sapere, perché ho visitato anche altri paesi che mi sono piaciuti. Però l’inglese è lì che mi chiama, e mi dice che devo seguirlo!