31 Ottobre 1517 : la paura fa “95”

La Riforma Protestante costituisce uno dei capitoli più importanti della storia moderna e in quanto tale la sua trasmissione non poteva non essere velata da notizie e luoghi comuni dalla dubbia veridicità.

Dalla propaganda post luterana e i tentativi di idealizzare questa svolta epocale sul piano religioso emergono ancora diversi miti da sfatare.
La stessa affissione delle 95 tesi teologiche, immagine ormai cementata nell’immaginario collettivo, dopo 498 anni esatti, si presenta come una delle teorie meno accreditate sull’argomento.

Il monaco agostiniano Martin Lutero è passato alla storia come il vero protagonista e il padre della Riforma protestante ma in realtà la sua posizione fu tutt’altro che innovativa. La necessità di purificare la Chiesa per via dell’eccessivo distacco della realtà ecclesiale dalla predisposizione dei testi sacri rappresentava un’aspirazione già presente in Europa almeno dal XIV secolo. L’ideale della Reformatio, nel periodo ante luterano, era un semplice metro di giudizio della realtà coeva che non conduceva necessariamente all’eresia. Risultò infatti possibile per molti teorici diffondere le proprie idee senza imbattersi nella ferocia dei mezzi repressivi introdotti gradualmente dalla Chiesa. Ne è un esempio l’opera di Erasmo da Rotterdam “Elogio della Follia”, perno della Riforma nonostante quest’ultimo non si convertì al culto protestante nel periodo della sua affermazione.

 

 

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In sostanza, Lutero fu il portavoce di un ideale già presente nella società Cinquecentesca, non il rappresentante di una posizione minoritaria e ignota alle masse.

Come per ogni avvenimento epocale anche la stesura del documento luterano ebbe una causa scatenante ben precisa, derivante da un episodio che per Lutero rappresentò l’acme della corruzione ecclesiastica. Al fine di rastrellare quanto più denaro possibile per i lavori legati alla cupola della basilica di San Pietro, proprio nel 1517, il pontefice Leone X, con la collaborazione dell’arcivescovo di Brandeburgo, Alberto di Hohenzollern, indisse un’indulgenza plenaria, con la falsa giustificazione di voler aiutare i fedeli a ridurre le propri pene ultraterrene.
L’evento irritò il monaco a tal punto da voler concretizzare le sue polemiche, sintetizzate nella “Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum”, ovvero le celeberrime 95 tesi.

Il 31 ottobre 1517 è passato alla storia il giorno in cui Lutero, coraggiosamente, affisse le sue argomentazioni teologiche al portone della cattedrale del castello di Wittenberg. Questa diffusa teoria rappresenta tuttavia una delle meno accreditate dagli storici.
In realtà, in quella stessa data, le 95 tesi vennero inviate in forma privata da Lutero all’arcivescovo di Brandeburgo, con l’obiettivo di discutere delle problematiche legate alla pratica delle indulgenze, alla simonia e al crescente deterioramento spirituale della Chiesa. Per via delle tradizionali gerarchie ecclesiastiche, il monaco agostiniano non ricevette alcuna risposta e condivise il documento con quelli che sarebbero diventati i suoi più fervidi sostenitori, tra cui in particolar modo Filippo Melantone, unico testimone dell’affissione secondo alcune teorie. Da tale condivisione prettamente privata le tesi finirono per spargersi in modo sempre più massiccio. La testimonianza del fatto che la diffusione a macchia d’olio delle tesi luterane non fosse stata predisposta dallo stesso monaco è legata all’impiego della lingua latina, accessibile a pochi, per la stesura del documento originale.

 

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Che significato avrebbe avuto rendere pubbliche le tesi in una lingua incomprensibile ai più? Ancora una volta la propaganda e l’esaltazione dell’evento hanno generato una delle leggende più difficili da sradicare.

Contrariamente rispetto a quanto si è indotti a credere, termini come “protestante” o “protestantesimo” , piuttosto che a semplici epiteti, sono legati a cause ben precise e vennero coniati per la prima volta nel 1530, tredici anni dopo l’esordio di Lutero. In occasione della Dieta di Augusta, assemblea volta a garantire la riconciliazione tra cattolici e luterani, cinque principi e quattordici città rifiutarono l’accettazione delle condizioni proposte dall’imperatore Carlo V e stilarono una dichiarazione nota come “Documento di protesta”. Fu proprio la stesura di questo documento a ribattezzare i luterani.

Insomma, niente che il caro vecchio Martin Lutero avrebbe facilmente previsto.

 

 

 

Chiara Micalizzi